ALDO MORO TRA CENTRALITA’ DI BARI E DISTACCO DAL SALENTO

 

Aldo Moro, da Presidente del Consiglio, fece menzione degli avvenimenti militari, cui aveva partecipato a Bari nel dicembre del ’43 da capitano dell’Aeronautica Militare, nel discorso ufficiale tenuto a Galatina, presso l’aeroporto militare il 21-9-1975, per la celebrazione del 32° anniversario della partecipazione dell’A. M. alla guerra di Liberazione.

Aldo Moro militare

Nel ’42 aveva vinto il Concorso nazionale di abilitazione alla libera docenza in Diritto Penale, che gli consentirà di esercitare l’insegnamento per tale disciplina presso la Regia Università di Bari. Dal giugno del 1948 è nominato professore straordinario di Diritto Penale a Bari, per poi diventare ordinario nel 1951, formando una vera e propria scuola di eccellenza negli studi di Penale e Filosofia del Diritto, con allievi di straordinario valore, a cominciare da Renato Dell’Andro.

Ma Bari aveva rappresentato per Moro anche uno straordinario crogiolo formativo sul piano della coscienza religiosa e dell’impegno, svolto ad altissimi livelli, nelle Organizzazioni Cattoliche. In verità Aldo fu a lungo iscritto ai Gruppi Universitari Fascisti (GUF), partecipando anche ai Littoriali della Cultura e dell’Arte e a qualche importante convegno di dottrina del fascismo, in cui presenta studi e relazioni, ma in contemporanea è l’impegno nella FUCI, l’organizzazione degli universitari cattolici, che lo motiva e lo assorbe in maniera continua, pressante e feconda di iniziative. Il fratello Alberto, di due anni più grande, lo introduce a Bari nei circoli giovanili cattolici: nel ’34 entra nel circolo fucino “Giuseppe Moscati”; poi opera attivamente, e a largo raggio, nell’attiva realtà fucina sotto la spinta di mons. Marcello Mimmi, dal 1933 e per quasi un ventennio dinamico e innovativo arcivescovo di Bari, e del padre domenicano Raimondo Santoro.

Nel ’37 è presidente della FUCI barese e nel maggio ’39 assume la guida nazionale dell’organizzazione, facendone svolgere nel mese di settembre, a Firenze, il XXIII Congresso Nazionale. In un convegno estivo preparatorio nelle Marche Aldo aveva conosciuto Eleonora Chiavarelli (1915-2010), attiva nella FUCI di quella regione, che poi sarebbe diventata sua moglie e la madre dei suoi quattro figli, l’indimenticabile Noretta di cui alle lettere inviate dal carcere delle Brigate Rosse. Nel ’42, causa il servizio militare, lascia la presidenza della FUCI, nella quale gli subentra Giulio Andreotti, ma nel ’44 è nominato dal papa Pio XII responsabile nazionale del Movimento Laureati Cattolici, nello stesso anno in cui perde l’amatissimo fratello Alberto, già prestigioso magistrato, stroncato a trent’anni da un male incurabile, con le pesanti ricadute psicologiche che è facile immaginare e di cui rimane anche qualche traccia epistolare.

Arriviamo all’immediato dopoguerra e al 1946, che sarà un anno decisivo per la vita di Aldo Moro, per la storia della Puglia e, forse, anche del Salento.

Aldo Moro e Amintore Fanfani, costituenti e i due cavalli di razza della DC

Questi i fatti, come efficacemente descritti da Zeffirino Rizzelli su il galatino di Venerdì 15 maggio 1998, a pag. 3: “Terminata la guerra, …… mentre si vanno predisponendo le candidature per la Costituente, Lecce riserva una non piacevole esperienza al giovane prof. Aldo Moro. Accompagnato dal prof. Beniamino De Maria (che era di cinque anni più anziano di Moro-nda), egli si presenta al Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana di Lecce, comm. Antonio Fiocca, e presenta una lettera dell’arcivescovo di Bari, cardinale Mimmi. Il cardinale sollecita il responsabile provinciale della D.C. leccese ad inserire tra i candidati della provincia di nascita il prof. Aldo Moro del quale tesse le lodi”. E così prosegue Rizzelli: “La risposta del comm. Fiocca è lapidaria e concisa:<<Se il cardinale ci tiene tanto alla Sua candidatura intervenga perché Lei venga candidato a Bari. Noi abbiamo i nostri candidati>>. Il prof. Aldo Moro torna a Bari (con la coda tra le gambe e tanta amarezza-nda) e viene inserito nella lista dei candidati D.C. di quella provincia”. (1)

Per Rizzelli “questa esperienza rimarrà indelebile nella memoria dell’on. Moro, che, tuttavia, non mostrerà di ricordarsene e ne parla solo con coloro che all’episodio sono stati presenti”, e ricorda come poi sarà il carattere mite e generoso di Aldo a far nascere un nuovo rapporto col Salento leccese e con Maglie in particolare, grazie alla “affettuosa violenza esercitata su di lui dal suo allievo Gino Puzzovio. Questi, avendo scoperto il luogo di nascita del suo professore, lo vuole assolutamente concittadino a tutti gli effetti”.

In verità la notizia del rifiuto di candidare Moro alla Costituente nel Collegio di Lecce è stata abbastanza diffusa a Galatina e in provincia e su di essa ho raccolto in anni passati diverse conferme, tra le quali quella, attendibile, di Pierino Congedo, già preside e fecondo attento studioso di storia locale galatinese, scomparso ultranovantenne qualche anno fa.

Madri costituenti

Moro, giovane non ancora trentenne, viene così eletto alla Costituente nel Collegio Bari-Foggia e da subito non solo sviluppa un suo profondo radicamento nel territorio che lo ha eletto, ma si distingue anche tra i grandi protagonisti dei delicati e non ancora esplorati percorsi per dare al nostro paese, uscito distrutto dal fascismo e dalle vicende belliche, quella Costituzione Repubblicana, che poi sarà da molti giudicata come una delle migliori “carte” esistenti in Europa.

Nella Costituente Moro fa parte della Commissione dei 75, nella quale è vice capogruppo della D.C., con pieni poteri di supervisione dei testi; fa parte anche del cosiddetto “Comitato di Redazione” o “Comitato dei 18”, dal nome dei 18 giuristi che lo componevano, che aveva il compito di coordinare il lavoro delle tre sottocommissioni ed elaborare il testo del Progetto di Costituzione votato dalla Commissione dei 75, da sottoporre poi all’Assemblea Generale. Un luogo, dunque, quello del Comitato dei 18, che, come hanno detto illustri costituzionalisti, non si limitò a svolgere le necessarie funzioni tecniche, ma, essendo di fatto il teatro delle compensazioni e dei compromessi tra le varie componenti della Costituente, andò ad assumere un ruolo decisivo sul piano politico e “l’elemento più attivo e decisivo nell’elaborazione costituente”. (2)

madri-costituenti

Struttura decisiva anche perché godeva della segretezza assoluta dei verbali delle sedute, fatto questo che garantiva ai suoi componenti piena libertà di confronto, scontro e/o convergenza su proposte ed emendamenti man mano discussi, senza paura di contraccolpi politici esterni.

Di certo, il contributo del giovane Moro ai lavori della Costituente fu assai qualificato, importante e determinante a cominciare dai decisivi aspetti dei “Principi Fondamentali”. (3)

Ma anche, e ovviamente, su altri importanti temi offre analisi, dottrina, proposte di soluzione. Si batte, p.e., per ribadire il carattere non ideologico, ma storicamente fondato, dell’antifascismo della costituzione e della repubblica che da esso promanano, contrastando il tentativo di esponenti di varia estrazione “liberale” di volere che “… la nuova Costituzione italiana fosse una Costituzione non antifascista, ma afascista”. (4)

Ho voluto rileggere l’intervento di Moro, svolto all’Assemblea Costituente nella seduta del 13 marzo 1947, sulla formulazione dell’art. 1 della Costituzione, che egli lega a quelli che saranno gli artt. 2 e 3: ho rilevato la profonda dottrina filosofico-giuridica del giovane costituente, la sua capacità di confronto con giganti del pensiero politico e giuridico presenti nella Commissione dei 75, come Giorgio La Pira, Piero Calamandrei, Palmiro Togliatti, Roberto Lucifero, Concetto Marchesi, Meuccio Ruini, Giuseppe Dossetti, etc. Vi ho rilevato, e pienamente, lo stile e il linguaggio forbito, ragionante, rispettoso, cesellato  e teso non allo scontro ma alla convinzione, che sarà poi caratteristica del Moro più maturo che tutti abbiamo conosciuto. E’ già lui, riconoscibilissimo, e queste sono di certo pagine da rileggere!

Ma interviene anche su altri temi, come quello della scuola nel nascente sistema democratico, quelli del lavoro, della salute, della famiglia, della proprietà e dei suoi limiti, marcando il profilo di un cristiano che crede nella laicità dello stato e nel valore della inclusione civile e sociale dei cittadini.

De Nicola firma la costituzione

E per questo non c’è da stupirsi non solo dell’interesse, ma anche del giudizio positivo espresso sul giovanissimo pugliese, che col lavoro sulla Costituzione aveva acceso su di sé i riflettori dell’intera Assemblea, dallo stesso Togliatti, come ricordato anche da Nilde Jotti nelle sue memorie. (5) (6)

Del resto Togliatti, conscio dell’importanza fondamentale della fase costituente, proprio per seguire da vicino e in tutti i suoi aspetti la gestazione della Carta, non era entrato nel II Governo De Gasperi (nel De Gasperi I era stato Ministro di Grazia e Giustizia), anche questo governo di coalizione antifascista, formato il 13 luglio del ’46, dopo il voto del 2 giugno, che aveva visto la DC partito di maggioranza relativa col 35.5% e 8.049.101 voti, ma con sostanziale equilibrio tra la DC e le sinistre, che, sommandone i voti, avevano comunque una leggera prevalenza sul partito dei cattolici.

Moro con i suoi studenti

Per tornare a temi a noi più vicini, è lecito e doveroso porsi una domanda: se i miopi ed ingenerosi dirigenti della DC leccese avessero accettato che il giovane Moro si candidasse nel 1946 alla Costituente nel Collegio di Lecce, come caldeggiato dall’arcivescovo Mimmi e Beniamino De Maria, e quindi se egli si fosse incardinato nella DC salentina, il destino politico della nostra terra avrebbe avuto un percorso ed un profilo diverso, visto l’altissimo prestigio e il ruolo che Moro comunque assunse a livello nazionale, con conseguente naturale privilegio dell’area territoriale barese? E ancora: la vexata quaestio della mancata presenza in Costituzione della Regione Salento, che pure era stata inserita nell’elenco in sede di Commissione dei 75, avrebbe conosciuto un esito diverso da quello dell’umiliante cancellazione che invece conobbe? Ove possibile, ne ricostruiremo qualche passaggio e offriremo qualche riflessione in un prossimo numero della nostra rivista.

 

NOTE:

 

  1. In verità, Marcello Mimmi (1882-1961) nel 1946 era “solo” arcivescovo metropolita di Bari e Canosa, ove si era insediato nel 1933 divenendo potentissimo riferimento religioso e politico, ma non ancora cardinale; vi sarà nominato il 12-1-’53, a pochi mesi dalla sua nomina ad arcivescovo metropolita di Napoli.
  2. Si veda: Leopoldo Elia, La commissione dei 75, il dibattito costituzionale e l’elaborazione dello schema di costituzione, in Il Parlamento italiano 1861-1988, Nuova CEI Milano, 1989, vol. XIV, 128.
  3. Così Luigi Ferlicchia,in: I tempi di Aldo Moro Quando la politica era una vocazione, Federazione Centro Studi “Aldo Moro e Renato Dell’Andro”, 2014, pagg.104-105: “ … Moro è più flemmatico e cerca sempre il dialogo in ogni direzione. …. Vedasi l’elaborazione dell’art. 1 della Costituzione, lì dove Moro trova la sintesi scrivendone personalmente il testo. …. Lo scontro è duro ed a tutto campo. Fu Moro –dice Ferlicchia– a sbloccare la situazione”. Ricostruzione un po’ forzata, perché Moro aveva si espresso l’opportunità di un riferimento al “lavoro”, ma la formula finale“l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, dopo che PCI e PSI avevano proposto che l’Italia fosse definita “una repubblica democratica di lavoratori”, espressione che “puzzava” di visione classista della società, fu elaborata da Amintore Fanfani, egli pure autorevole componente del Comitato dei 18, insieme al dc Egidio Tosato e proposta all’Assemblea nella seduta pomeridiana di sabato 22 marzo 1947. Tale soluzione, attenuata e più inclusiva del concetto di lavoro,  condivisa dalle sinistre, fu, secondo me, e visti anche i tempi, uno dei punti più alti e progressivi del pensiero dei costituenti.
  4. Parole di Moro garbate ma polemiche e assai ferme, in specie nei confronti dell’on. Roberto Lucifero, combattivo liberale di destra e membro della Commissione dei 75, cui veniva ricordato come il substrato ideologico della Costituzione “si ricolleghi alla nostra comune opposizione di fronte a quella che fu la lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale. Non possiamo fare … una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale”. Il verbale della seduta registra: ”Applausi”. In effetti sono parole accorate, emotivamente sostenute, di un Moro combattivo e meno controllato del solito, perché consapevole della svolta storica che l’Italia stava costruendo. E comunque il clima di unità azionale costruito con la resistenza e la repubblica non si era ancora spezzato con l’irrompere della guerra fredda e della cacciata di comunisti e socialisti dal governo ad iniziativa di De Gasperi a seguito della crisi del maggio del ’47. Scontro frontale contro le sinistre su cui soffiava, in verità, Pio XII già a partire dal 1944.
  5. Si veda, a tal proposito, anche l’interessante recensione di Paolo Mieli del libro-biografia su Aldo Moro di Massimo Mastrogregori, pubblicata sul CORRIERE DELLA SERA del 13-11-2016, appena dopo l’uscita del libro, in cui si registra una certa preoccupazione di De Gasperi, che in privato aveva parlato di Moro come “un professore che aveva combinato qualche guaio”, per poi definirlo quel “politico alle prime armi che aveva sostenuto gli articoli sociali di sinistra”. Di contro Togliatti si era ben accorto di “quel giovane di Bari”, affidando “al parlamentare comunista Lorenzo Iaconi (che era nel Comitato dei 18), il compito di interloquire costantemente con lui. E decise di accordare alcune concessioni alla scuola cattolica (Materia su cui Moro era relatore), anche a costo di scontentare un grande intellettuale, Concetto Marchesi (l’illustre anziano latinista operava, da protagonista, nella Commissione dei 75), che proprio con Moro non aveva trovato l’accordo”.
  6. Tra i tanti articoli e discorsi di Nilde Iotti sui lavori dell’Assemblea Costituente (ella era nella Commissione dei 75 insieme ad un’altra donna del PCI, Teresa Noce), spicca un bellissimo articolo pubblicato da Rinascita, la prestigiosa rivista settimanale del PCI, il 19-5-1978, a pochi giorni dalla morte di Moro, nel quale la futura Presidente della Camera (lo sarà per quasi 13 anni, dal 1979 al 1992) rievoca il lavoro di Aldo Moro alla Costituente e il clima di confronto, rispetto, costruzione di legami anche personali tra politici che, venendo da esperienze assai diverse, ma legati dall’antifascismo e da ideali di libertà e giustizia sociale, avrebbero formato negli anni a venire la classe dirigente, di governo e di opposizione, del paese. Così la Iotti vi scrive: “Vi era dunque, insieme all’impegno e alla preoccupazione per la difficoltà dell’impresa, una istintiva, spesso inconsapevole curiosità di conoscerci, di misurarci attraverso il confronto … come se ci incontrassimo dopo decenni di lontananza e di silenzio. Forse per questo prese avvio l’abitudine, via via sempre più frequente, di trattenersi nell’Aula a discutere alla fine delle sedute di sottocommissione. Non tutti. Un gruppo di democristiani, Dossetti, Moro, La Pira, … Noi comunisti, Togliatti, Marchesi, io, qualche volta Basso (del Partito Socialista-nda). Si discuteva di tutto: delle ragioni che avevano determinato la nostra scelta politica, delle proprie esperienze durante la guerra di Liberazione, dell’Unione Sovietica e della chiesa Ortodossa…”. Da notare, anche per capire l’altissimo livello degli organi della Costituente, che tutti i nomi ricordati dalla Iotti sono di membri della Prima Sottocommissione, competente su “Diritti e Doveri dei Cittadini”.