Il prezzo della libertà

Premessa

L’uomo ha sempre preferito vivere in comunità per superare i notevoli ostacoli della vita quotidiana piena di stenti, sofferenze e continue lotte. È stata, quindi, la necessità, sollecitata dall’intelligenza, ad aver spinto gli uomini a migliorarsi, ad escogitare scelte oculate e a dotarsi di opportuni strumenti per venir fuori dal mondo inferiore dell’animalità.

Vivendo in piccoli gruppi, l’uomo si è ben presto accorto che non ce l’avrebbe fatta ad assicurarsi una vita dignitosa e sicura. L’esiguo numero di individui non era bastevole a garantirgli una duratura stabilità sociale. La storia ci racconta che le comunità decisero di fondersi in gruppi sempre più numerosi per fronteggiare con buone possibilità di successo altri gruppi meno consistenti o meno propensi a guerreggiare. Si formarono così le prime grandi città, i primi grandi feudi, e poi gli Stati e poi ancora gli imperi, le grandi alleanze e, soprattutto, i grandi scontri umani. È stata, quindi, la “necessità di vivere in grosse aggregazioni” a fare scattare la molla che ha determinato nel tempo il successo per alcune comunità e la disfatta per altre.

La libertà

L’uomo, grazie al suo protagonismo, intraprendenza e ambizione, ha determinato il progresso e lo sviluppo in ogni ambito vitale. Per arrivare a tanto, egli si è servito di armi ‘lecite’, come ordinamenti, leggi, consuetudini, tradizioni e, laddove ha incontrato resistenze e impedimenti, ha fatto ricorso a violenze, usurpazioni e sottomissioni. Nella maggior parte dei casi sono state le seconde a prevalere sulle prime. Dalle infelici e sofferte condizioni di vita di coloro che le hanno subite, è scaturita l’aspirazione alla “libertà personale”, intesa come il desiderio primario di ritagliarsi uno spazio vitale minimo, entro cui muoversi liberamente, e alla ”libertà sociale”, per dare alla comunità di appartenenza un’autonomia gestionale in linea con le aspettative dei cittadini.

 

La libertà nel Medioevo

Durante il Medioevo assistiamo a pochissime forme di libertà, poiché la società umana è troppo verticalizzata. L’idea di libertà in questo periodo storico è ben diversa da quella che scaturirà secoli dopo, a seguito della rivoluzione americana e francese prima, e russa e cinese dopo. Non si può parlare neanche di libertà della persona, bensì di libertà politica o sociale, comunque anch’essa limitata. L’unica forma di libertà individuale è presente nell’ambito familiare, e chi ne gode è il marito-padre che detta regole e condizionamenti ai congiunti.

Il cittadino delle varie comunità non può sentirsi indipendente perché ha di fatto ‘consegnato’ la propria libertà e autonomia al signorotto, sia esso barone, conte o duca, in cambio di protezione, sicurezza ed altri importanti vantaggi. Spogliandosi di tale diritto fondamentale (che a quei tempi non era percepito pienamente dal singolo), il cittadino viene accolto nella comunità e s’integra con la stessa, ma deve sottostare a determinate imposizioni.

Colui che decide di venir fuori dal mondo della “necessaria sottomissione” vive nell’isolamento totale e, nel contempo, riceve un duro colpo alle sue speranze di vita. Ecco il motivo principale per cui si è portati a stare in gruppo e a sopportare, capite demisso, le ristrettezze e la condizione di subalternità sociale. Questo, in pratica, è il prezzo da pagare per sbarcare il lunario della propria esistenza.

Nell’ambito della comunità cittadina e feudale si stabiliscono comunque delle naturali gerarchie sociali, a seconda delle abilità dimostrate, della consistenza del seguito e della forza rappresentativa (un po’ come l’attuale capo di un partito, di un sindacato, di un’istituzione o di un’associazione). Gerarchie che guadagnano la piena legittimità nel momento in cui sono accettate dal feudatario. Ecco quindi la frammentazione feudale in vassalli, valvassori e valvassini, con ulteriori stratificazioni sociali nell’ambito di ognuno di questi ranghi.

Un uomo (vero) contro un’intera armata. Questo sì che è coraggio

E la libertà?… Che fine ha fatto la liberta? L’unico ad essere pienamente libero, a dettare condizioni e a non riceverne, è il sovrano. Costui rappresenta il punto più alto della verticalità feudale, alle cui dipendenze vi è un sostrato ramificato sino a giungere nelle parti più basse della struttura umana. Man mano che si scende dal vertice verso la base, diminuiscono i privilegi ed aumentano i lacci, le gabbie e i condizionamenti a svantaggio delle persone.

Ai vari nobili vanno riconosciuti de iure diritti e privilegi di governare secondo quanto prescritto dagli ordinamenti sovrani. Il loro è un giuramento o un patto di sangue, che in nessun modo deve essere violato, pena la perdita delle guarentigie, del prestigio nobiliare e, nei casi più gravi, della stessa vita. Sappiamo anche che ai nobili, a seconda del rango ricoperto, è conferito il diritto di fregiarsi di un’insegna feudale e di pretendere rispetto e fedeltà da parte di altri feudatari a loro assoggettati e della popolazione feudale. Tale emblema viene accettato e condiviso da tutti i cittadini ed è difeso ad oltranza sino alla morte. Sostenendo lo stemma, i cittadini difendono la loro libertà politica, concentrata nel potere del feudatario. Libertà che deve essere sempre ostentata, onorata e difesa in caso di necessità. Così facendo il cittadino si sente parte essenziale del casato di appartenenza ed avverte una certa fierezza e un pieno senso… di libertà. Troppo poco in verità.

 

La libertà nel Rinascimento

Già verso la fine del lungo periodo medioevale si notano qua e là spiragli di una vita meno scontata e alquanto speranzosa. Il lento ma continuo rinnovamento si avverte in Italia attraverso il fiorire di nuovi impulsi in ogni campo. L’exploit si verifica a partire dalla scoperta del nuovo mondo, che instilla nell’animo umano un’energia positiva in ogni ambito vitale. Questi impulsi determinano nel tempo un progressivo distacco dell’uomo dal tetro mondo medioevale. Si entra in una nuova e più affascinante fase della vita umana, in cui la persona è posta al centro di ogni interesse e acquisisce significativi vantaggi, anche per quanto concerne la stessa libertà. Si nota un risveglio delle attività umane che via via acquistano tinte vivaci e corpose consistenze. Nel breve volgere di mezzo secolo si entra in una fase storica che viene definita Rinascimento. In questo periodo l’uomo viene, finalmente, riscoperto, riconsiderato, rivalutato. La nascita della stampa è l’elemento più significativo che comporta la spinta decisiva verso i futuri successi umani. Muore l’uomo medioevale, sottomesso, umiliato e asservito; nasce l’uomo meno legato alle strutture d’un tempo e più individualista.

Da questo sovvertimento chi ne guadagna è anche il senso della libertà, soprattutto quella personale. Sia ben chiaro: il lento ma continuo processo evolutivo tocca solo alcuni aspetti della vita umana. Siamo, infatti, ancora ben distanti dalla pienezza della libertà di cui oggi godiamo, che è, o meglio dovrebbe essere, garantita a tutti.

Insomma l’uomo viene considerato come il “maximum artifex” di sé stesso, come un protagonista con pochi pesi e condizionamenti e un carico di buoni propositi nella costruzione del proprio futuro. Non più, quindi, un uomo rassegnato, incapace e sottomesso al suo padrone e alla stessa vita, non più un uomo facente parte di un ordine cosmico già stabilito, non più un uomo schiacciato e azzittito dalle religioni, bensì un uomo che, abbandonando il suo guscio vitale, è chiamato a rivedere gli antichi schemi esistenziali, a modificarli e a proporli alla vita.

Uomo liberi, libero pensiero

Stanti queste premesse, anche la libertà della persona, seppure tra tante resistenze e limitazioni (si vedano i casi del monaco Giordano Bruno, di Galileo Galilei ed altri), conosce migliori fortune e si appresta ad essere coinvolta in nuovi scenari. L’uomo del Rinascimento viene fuori pian piano da un groviglio di congetture, si sgancia dai pregiudizi e dà più valore alle proprie capacità. Ecco quindi spiegato il fiorire della letteratura, dell’arte, delle scienze, della tecnologia (Leonardo da Vinci), delle regole sociali, della riprogrammazione della vita umana, alle quali non può non agganciarsi una libertà dal volto nuovo e più radioso.

Per la prima volta nella vita dell’uomo “l’aldilà divino”, che ha condizionato negativamente la vita umana, entra in competizione con “l’aldiquà umano”. Si riaffacciano alla vita alcuni importanti valori etici soffocati dalla notte medioevale, come l’elogio e l’esaltazione della vita umana, della filosofia morale, della gioia e del piacere (anziché della rinuncia e della sofferta privazione), della felicità e, ahinoi, del valore del denaro, visto come lo strumento efficace per migliorare la vita. Su un siffatto terreno prende pian piano corpo il senso (represso da sempre) del pieno godimento delle libertà. Ma non possiamo parlare ancora di una vera esplosione delle libertà, ma, semmai, di una grande implosione interiore delle stesse, nel senso che l’uomo, pur avvertendo una spinta notevole a vivere bene e a spendersi meglio, rimane in molte circostanze con il colpo in canna, perché ancora insicuro e alquanto timido ad esporsi. Ma le libertà ci sono e si faranno ben presto sentire.

La libertà dall’Illuminismo in poi

Con il Rinascimento la vita umana viene per certi versi sconvolta. In tutti campi si nota un’effervescenza particolare, soprattutto a livello commerciale e artigianale. La scoperta delle Americhe dà un vigoroso impulso alle iniziative private. Nascono le nuove banche e le prime “società private”, che contribuiscono a dare una maggiore spinta alle varie iniziative. Il commercio da e per le Indie orientali e occidentali non conosce sosta. L’introduzione nelle colture agricole europee del pomodoro, della melanzana, del peperone e, soprattutto, della patata e del granturco (sconosciuti prima della scoperta delle Americhe) crea numerosi vantaggi per le varie popolazioni, che ora hanno la possibilità di migliorare e diversificare l’alimentazione. Il tenore di vita migliora sensibilmente ed elimina alcune piaghe medioevali, nonostante di tanto in tanto scoppino qua e là epidemie di peste nera, colera e vaiolo. Migliorano gli studi nell’ambito delle scienze naturali (Darwin su tutti) e della stessa medicina (Jenner, Pasteur e ultimamente Sabin, Hilleman ed altri).

Le Università sbocciano un po’ ovunque, soprattutto in Inghilterra e Germania ma anche in Italia (Salerno, Bologna, Padova, Napoli, Roma, Pavia, ecc.) ed instillano nei giovani il desiderio di migliorare le proprie conoscenze, di indagare, di proporre nuove idee, di confutare schemi tradizionali, di rendere più frizzante la vita e, soprattutto, di modificare in meglio il modus vivendi della gente.

Anche la libertà, intesa sotto qualsiasi aspetto, scalpita ovunque e comincia a farsi sentire. L’animo umano esce dal torpore secolare del Medioevo e dall’incertezza rinascimentale. Il periodo è quello buono per iniziare a correggere le antiche e superate strutture. Già dopo la metà del Settecento si colgono nell’America settentrionale i primi focolai insurrezionali contro gli inglesi, sorti a seguito della nuova legge sul tè (Tea act) del 1773 e dell’introduzione delle cosiddette leggi intollerabili (Coercitive acts), che aboliscono le libertà locali e accentrano il potere nelle mani delle autorità politiche e militari britanniche. Queste assurde imposizioni provocano la reazione dei coloni, che, riunitisi nel 1774 a Filadelfia, proclamano nulle le nuove leggi inglesi e impongono il boicottaggio contro le merci britanniche.

I successivi scontri (1775) tra le truppe britanniche e i gruppi ribelli danno il via alla ribellione armata, che assume ben presto i tratti di una guerra di liberazione nazionale. La rescissione formale dei rapporti con la Gran Bretagna avviene il 4 luglio 1776 con la Dichiarazione di indipendenza redatta da T. Jefferson, in cui è stabilita la forma repubblicana del nuovo paese.

Nella carta costituzionale della confederazione degli Stati americani è dichiarato per la prima volta nel mondo il termine di “libertà dell’individuo” e i doveri dello stesso di fronte alla nazione. È la forma più compiuta di liberalismo. La dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo prende in esame la libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di associazione, l’eguaglianza di fronte alla legge, il diritto di concorrere alla formazione della legge stessa, il diritto di proprietà.

Ipazia d’Alessandra, simbolo di libertà di pensiero

Segue immediatamente un veloce rinnovamento e un inarrestabile fervore nella vita privata e dello stesso Stato americano.

Questa rivoluzione è percepita in tutta Europa e trova molti favori nei giovani, soprattutto universitari. Nel 1789, a seguito di un lungo periodo di carestia, il popolo francese si solleva a Parigi ed assesta un colpo mortale alla macchinosa e dispendiosa politica dei reali di Francia. Segue, come ben sappiamo, un periodo repubblicano feroce e spietato durante il quale pèrdono la vita i reali e anche gli stessi fautori della rivoluzione. Ma la libertà di certo non muore, anzi viene immortalata nei tre sostantivi del motto rivoluzionario francese “Libertè, Egalitè, Fraternitè”.

Ormai la miccia della nuova vita è stata accesa ed è pronta a far esplodere la contestazione generale nei vari stati. Questo nuovo fermento farà dell’Ottocento il secolo del definitivo riscatto dell’uomo, nonostante gli antichi ordinamenti politici torneranno a governare, ma non per molto. Ormai la bandiera della libertà sventola nella mente di molti cittadini e non sarà mai più ammainata.

Lentamente ma inesorabilmente cadono molte teste coronate. Finiscono gli inchini e le sottomissioni verso i nobili, nascono quelli verso le leggi repubblicane. Sulla scorta delle nuove conquiste sociali prende sempre più corpo un forte aumento delle iniziative private, soprattutto dopo la rivoluzione industriale. Di pari passo si sviluppano le principali forme di libertà. La vita sembra rinascere, seppure tra tanto disordine, pressappochismo e incertezza.

Con l’avvento delle nuove regole democratiche e del liberalismo, i capitani d’industria e gli uomini dell’alta finanza danno un forte impulso alle fortune dei singoli Stati e contribuiscono a migliorare le condizioni di vita del cittadino.

Ma c’è un tarlo ossessivo che aguzza la mente dei grossi magnati. Essi sanno di avere nelle loro mani il successo economico del paese e, soprattutto, quello personale, per cui pretendono dai governi centrali una maggiore autonomia gestionale e la piena libertà di azione. Danno ad intendere che un eventuale rifiuto di tali richieste provocherebbe una notevole crisi economica, la conseguente chiusura di alcune fabbriche e il licenziamento di migliaia e migliaia di operai. Tali rivendicazioni vengono supinamente accettate dai governi centrali. È una sorta di ricatto sociale. Dal tanto auspicato liberalismo si entra ben presto nell’impietoso e illudente periodo del Liberismo, che tanti disastri umani e naturali provoca e continuerà a provocare.

Come conseguenza scaturisce una verticalizzazione economica, finanziaria e, soprattutto, sociale, che nel tempo condiziona non poco la politica economica dei vari Stati.

Oggi, infatti, assistiamo impotenti ed inermi a forme parossistiche di un’imprenditoria sempre più aggressiva e tentacolare, dalla visione prettamente utilitaristica e da un insaziabile desiderio di migliorare all’infinito la propria affermazione nel gotha dei ‘Supremi’. Questo è accaduto e continua ad accadere per l’endemica debolezza dei vari governanti, ormai un tutt’uno con il Capitale.

Per certi versi si sta tornando verso una vita a forti tinte medioevali, in cui i grandi feudatari sono oggi rappresentati dalla nuova classe imprenditoriale e i vassalli, valvassori e valvassini raffigurati dagli uomini politici a loro totalmente asserviti. Chi ne ha pagato e paga le conseguenze è il cittadino, che subisce un certo ridimensionamento delle proprie libertà.

Andando avanti di questo passo assisteremo ad un continuo sgretolamento delle regole democratiche, ad un inasprimento delle condizioni sociali e libertarie e, soprattutto, a una grave situazione di vita, dalla quale sarà difficile riemergere. Oggi, in piena era consumistica, in cui prevale “l’usa e getta”, il “quattro e quattr’otto”, “il paghi due e ne prendi tre”, “i saldi invernali ed estivi del 50%+20%”, “il nuovo che va rottamato dopo poco tempo” e “le vendite promozionali”, i consumi sono aumentati paurosamente ed hanno determinato problemi di vasta portata, come quello legato all’uso sconsiderato della plastica, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, della aggressione selvaggia della natura, dello scongelamento dei ghiacciai e, soprattutto, della spinta all’aumento della popolazione (Cina[1], India e Nigeria su tutti). Queste brutture sono il logico risultato del “produrre di più, per consumare di più e per arricchirsi di più”.

Conclusione

Pertanto si rende necessario fermarsi e non andare oltre certi livelli di vita, superati i quali si entrerebbe nel mondo del libero arbitrio, che, secondo gli intendimenti di alcuni studiosi, rappresenterebbe la “peste nera” del XXI secolo, per la quale non ci sarebbero antidoti e dalla quale l’umanità uscirebbe sconfitta.

Bisogna inventarsi un Nuovo Umanesimo e concepire Nuove Libertà, in cui ognuno si senta libero di costruire il proprio futuro secondo le personali aspettative, ma senza uscir fuori dai certi limiti e senza minimamente intaccare il diritto alla vita degli altri.

Per arrivare a tanto è necessario ridiscutere e riformulare il sistema di sviluppo e soprattutto le libertà, che andrebbero mondate dagli eccessi speculativi, ben qualificate e assicurate a tutti: oltre certi limiti non si può e non si deve andare, se intendiamo vivere con dignità e con la dovuta serenità.

È già tempo di pensare, di riflettere, di decidere: in gioco c’è la vita umana.

[1] In un recente passato la Cina aveva obbligato ogni coppia a non avere più di un figlio per ragioni collegate all’inquinamento e alle varie problematiche sociali. Ultimamente il governo, su sollecitazione dell’imprenditoria, ha ripristinato il limite portandolo a non più di due figli per coppia. Questa nuova strategia è stata adottata per consentire un aumento dei consumi e scongiurare eventuali crisi economiche.