Lu Ditteriu

L’agricoltura è stata sempre la forza trainante del nostro Salento. Si coltivavano l’ulivo, la vite, gli agrumi, gli ortaggi, il cotone, il tabacco, i cereali e via discorrendo. Qualsiasi tipo di coltura si adattava bene a questa terra, dotata di un clima abbastanza mite. Si esportava l’olio, il vino, la patata galatina, la cicoria galatina, il pomodoro galatina. Ogni pezzetto di terreno era coltivato e sfruttato dai nostri contadini; non vedevi, come puoi vedere tutt’oggi, vaste aree incolte e masserie dirute. Ogni zolla era dissodata anche tra i sassi, con il sudore dei contadini che scorreva lento lento tra le infinite rughe dei loro volti bruciati dal sole. Erano i nostri contadini che dettavano i tempi della coltivazione, della preparazione dei semenzai, della semina e dei raccolti. Erano loro che, forti della loro esperienza, stabilivano se un terreno fosse idoneo a questa o a quell’altra coltura. Erano dei veri e propri “dottori in agraria” o, come li definisco io, i “filosofi della terra”. Certo, non ci hanno lasciato scritto alcun trattato, ma ci hanno trasmesso, in eredità, la loro esperienza e ci hanno tramandato, di generazione in generazione, una miriade di dittèri, di proverbi, che manifestano la loro grandissima competenza in materia.

Scennaru siccu massaru riccu (Gennaio secco massaro ricco)

Se il mese di gennaio è secco ed asciutto, cioè privo di piogge, il proprietario del terreno è quasi sicuro di un abbondante raccolto. Infatti, se il terreno è secco ed asciutto, le piante non vegetano e non crescono in altezza, ma affondano le loro radici nella terra succhiando tutti gli umori ed immagazzinandoli per il loro sviluppo durante i mesi successivi. D’altra parte si sa che la pioggia e l’umidità producono insetti e parassiti che danneggiano le piante. Se questi parassiti non si sviluppano nel mese di gennaio per lo spirare del vento gelido della tramontana, non ci saranno durante la primavera. Quindi le piante fioriranno in tutto il loro splendore ed il raccolto sarà a vista d’occhio.

Mèndula ca fiurisce de scennaru nunn inche lu panaru (Mandorlo che fiorisce in gennaio non riempie il paniere)

Primavera de scennaru pochi frutti a llu panaru (Primavera di gennaio pochi frutti nel paniere)

Spesso accade che nel Salento l’inverno sia mite; allora tu vedi i mandorli fiorire nella prima o nella seconda quindicina di gennaio e così pure gli altri alberi da frutta. Però, al sopraggiungere delle gelate di marzo ed aprile, i fiori avvizziscono e cadono; di conseguenza non ci sarà un buon raccolto di mandorle. A questo inconveniente, da parecchio tempo, si sono intensificate le colture dei mandorli di varietà del barese, che hanno una fioritura tardiva e che ben si adattano alle condizioni climatiche della nostra terra. Il risultato? Un ottimo raccolto.

Se scennaru nu scennariscia febbraru la mmale pensa (Se gennaio non si comporta da gennaio, febbraio la penserà male)

Le temperature più rigide si verificano nel mese di gennaio e soprattutto negli ultimi dieci giorni, che determinano il periodo più freddo dell’anno. Però a volte succede che ad un gennaio molto mite segua un febbraio molto freddo. E proprio per questi freddi del febbraio il nostro contadino pone in bocca al mese quest’altro proverbio: ‘mprèstame do’ giurni, frate marzu, e bbidi a ‘sta vecchia cce lli fazzu; ca se li giurmi mii tenia tutti facia cu cquàia lu vinu ‘nthr’a lli vutti (Prestami due giorni fratello marzo, e vedrai cosa farò a questa “vecchia”; se avessi i miei giorni uguali a quelli degli altri mesi, farei gelare il vino dentro le botti).

Con il termine “vecchia”, il contadino definisce gli ultimi giorni di febbraio, segnati da un rincrudimento del freddo o, per meglio dire, dal peggiorare del clima.

De la Candilora o ca nnèvaca o ca chiova; ma se chiova o nu chiova la vernata è ssuta fora; ma se sai mmesurare have nu bbonu quarantale (Il giorno della Candelora, il 2 febbraio, o nevica o piove; ma se piove o non piove, l‘inverno è uscito fuori; però se sai ben fare i conti ci mancano ancora quaranta giorni).

Dire che l’inverno termini il 2 di febbraio, de la Candilora, è affermare una cosa non vera o tutt’al più esagerata, perché, non solo in febbraio, ma anche nel mese di marzo le temperature invernali continuano ad essere rigide. Anzi in marzo si verificano due periodi di freddo eccessivo che coincidono con la festa di San Giuseppe (19 marzo), e con quella dell’Annunziata (25 marzo). Solo in annate eccezionali l’inverno è andato scemando verso la fine di febbraio e non ai primi del mese. Ed ecco che il contadino corregge: se sai ben misurare ci vogliono ancora una quarantina di giorni.

De la Candilora chiara lu lupu la capanda si prepara (Se il giorno della Candelora è chiaro il lupo si prepara la tana)

I nostri contadini, data la loro lunga esperienza, hanno constato che, se nel giorno della Candelora il cielo è limpido e sereno, l’annata sarà scarsa e priva di abbondanza di frutti. D’altra parte, se la pioggia non viene giù in questo mese cadrà nei mesi successivi con conseguenze più o meno disastrose per le colture. Il lupo, invece, animale preveggente, dal momento che nel giorno della Candelora il cielo è terso, per istinto, si scava la tana per ripararsi dalle piogge nei mesi di marzo ed aprile.

Febbraru menzu duce e menzu ‘maru (Febbraio mezzo dolce e mezzo amaro)

Febbraio è il mese che sta in mezzo tra l’inverno e la primavera. Ne deriva che, nella prima metà, si trascina dietro le reliquie del rigore invernale e perciò è menzu ‘maru; mentre nella seconda metà porta i primi tepori primaverili ed è quindi menzu duce.

Acqua de febbraru inche lu cranaru (Acqua di febbraio riempie il granaio)

Questo è il mese in cui la vegetazione incomincia a svilupparsi; soprattutto le graminacee mettono, nel mese di febbraio, radici e foglie. Di conseguenza l’acqua dà linfa vitale a queste piante che, sicuramente, daranno un ottimo raccolto.

Marzu chiovi chiovi, abbrile chiovi e tieni, masciu una e bbona se vo’ cu bbegna l’annata bbona

Le colture tipiche del Salento sono quelle della vita, dell’ulivo, dei cereali, del tabacco, delle verdure e via via le altre. Sono colture queste che si adattano meglio al nostro terreno e al nostro clima perché, oltre a resistere ai caldi intensi dell’estate, non sono danneggiate dalle basse temperature invernali. Ebbene, le piogge di marzo sono molto utili alla vegetazione dei cereali, degli ulivi, delle leguminose, dei foraggi, e favoriscono lu bombulamentu (il gonfiarsi delle gemme) delle viti. Se son troppe, invece, danneggiano gli alberi da frutta, specialmente i peschi, i peri, i susini. Ma di questo non si preoccupa troppo il nostro contadino, perché lui ci tiene invece alla riuscita (la bbona ‘nnata) dei cereali, delle viti e degli ulivi.

Interessante anche l’osservazione sulle piogge nel mese di aprile. Il contadino dice a questo mese: piovi e tieni; cioè vuole piogge intervallate da giornate limpide e soleggiate. Infatti, se in questo periodo di vegetazione le piogge sono abbondanti e si ripetono frequentemente i raccolti saranno veramente compromessi.

Per quel che riguarda le piogge di maggio, il nostro contadino ne vorrebbe una ed abbondante e, in particolar modo, nella seconda quindicina del mese.

Marzu è pacciu (Marzo è pazzo)

Il mese di marzo determina il passaggio dall’inverno alla primavera, però è il mese più incostante. Ad un cielo terso e pulito si contrappone uno gonfio di nubi minacciose; ora piove e poco dopo splende il sole; l’aria è serena e a un batter di ciglia seguono lampi, tuoni, vento impetuoso e scrosci d’acqua.

De la Nunziata ogni erva è licenziata (All’Annunziata ogni erba è licenziata)

Alla fine di marzo (la festa dell’Annunziata cade il 25 del mese) le erbe non traggono più umore dal terreno per arricchirsi di foglie ma per trasmetterlo nei ricettacoli dai quali si svilupperanno i frutti. Quindi le piante, una volte fiorite, entrano nell’ultima fase della loro vita; danno il frutto, muoiono e poi seccano.

Vale cchiui ‘n’acqua de marzu e aprile ca le carrozze tue cu tutte le tire (Vale più un’acqua di marzo e aprile che le tue carrozze con tutti gli accessori)

Marzo e aprile sono i mesi in cui si sviluppa la vegetazione delle piante; ed è proprio in questo periodo che si sente maggiore il bisogno della pioggia che ristori il terreno arso dal gelo e lo arricchisca d’umore. Il contadino non ha studiato, non ha letto mai un trattato di agricoltura, però ha una pratica superiore alla scienza, e perciò dice che la pioggia, in questi due mesi, è tanto necessario da costituire la ricchezza dei proprietari; ricchezza che non può paragonarsi a quella di una carrozza con tutti i suoi accessori.

Pasca marzotica o mutualità o famòtica

La Pasqua cade sempre nel plenilunio di marzo; infatti il popolo dice: Nu tthrase Cristu a llu sapurcu se nunn è quintadecima de marzu (non entra Cristo nel sepolcro se non al plenilunio di marzo).

Ebbene, la Pasqua segna la fine dell’inverno, del freddo e l’inizio della primavera e, quindi, dei primi caldi; se Pasqua cade nel mese di marzo, vuol dire che la fredda stagione ci abbandona anzitempo. Di conseguenza la vegetazione non sarà rigogliosa per i caldi prematuri, il raccolto sarà scarso e sarà tanto più scarso quanto più la Pasqua si allontana dalla fine del mese. La stessa cosa avviene per la salute delle persone, che sarà più cagionevole per il variare delle condizioni atmosferiche: perciò ci sarà o morte o fame. Morte per il mutamento del clima, fame per il raccolto non sufficiente, che determinerà un aumento dei prezzi dei generi alimentari che non potranno essere acquistati dalla povera gente. (Piero Vinsper)