Partigiano Inverno (Nutrimenti, pp. 237) è un romanzo che narra alcune azioni compiute dalla Resistenza in Valsesia nel dicembre del 1943. Le sue pagine hanno una consistenza porosa: sculture in cui si alternano vuoti e volumi, abissi e superfici, illusioni e speranze. L’autore sceglie di dare voce a pochi personaggi, ognuno dei quali si porta dentro il rimorso di un’occasione mancata: Umberto Dedali, un ragazzino di undici anni che vive a Borgosesia con il nonno, suo zio Italo Trabucco, professore in pensione – insieme preparano un bellissimo presepe, emblema dell’armonia assente dalle loro vite – e Jacopo Preti, studente universitario innamorato come il giovane Milton di Una questione privata, che si unisce ai ribelli delle Brigate Garibaldi. Anche le azioni evocate sono poche: l’assalto partigiano al paese di Varallo – in seguito esteso a tutta la Valsesia – e la rappresaglia dei fascisti della Legione Tagliamento, che terrorizzano la popolazione e fucilano dieci persone. Nell’intervallo tra questi eventi lo scrittore descrive la vita in tempo di guerra: lenta, sempre uguale, quasi immobile.

Ciò che invece Giacomo Verri decide di far “accadere” sono i pensieri dei protagonisti: ricordi, riflessioni, sogni ad occhi aperti, che spesso riescono a compiere la magia. Si accendono come bagliori guizzanti, grazie a una lingua che cerca di infondere calore alle parole come ai frutti in primavera: serpeggia sinuosa nella voce di Jacopo, volteggia mistica nei pensieri di Italo, si muta in lacrime negli occhi di Umberto, trasformando i suoi sogni in disincanto. Il ragazzo strappa la letterina di Natale scritta al comandante Cino Moscatelli, a cui chiedeva in dono un fucile e rinasce proprio di fronte al luogo del massacro, con un nome che lui stesso si attribuisce: “Partigiano Inverno”, la sua nuova data di nascita, l’inverno partigiano del 1943.

Giacomo Verri scrive un libro non semplice. Anche il lettore deve resistere, non tanto alla violenza o al dolore, come accade ai personaggi del romanzo, ma alle idee di vuoto e assenza che permeano le sue pagine, proprio come sembra fare lo stesso autore, grazie a una scrittura dal potere coagulante: i pensieri e le riflessioni si fanno densi e vanno a colmare lo spazio evanescente dei rimorsi, delle occasioni mancate e delle illusioni perdute, lasciando nelle mani del lettore un libro che non vuole farsi dimenticare. (www.doppiozero.com)