Le ali della libertà

di Rino Duma

Premessa

In questa seconda parte, mi soffermerò a parlare delle “libertà sociali” in generale, cioè delle cosiddette “libertà esterne”, che, purtroppo, sono assicurate alle varie genti del mondo in maniera molto difforme. Il loro esercizio, o meglio la loro fruibilità, dipende esclusivamente dal tipo di governo, dal grado di democratizzazione e dal livello di civiltà e di benessere di ogni comunità mondiale. Un alto indice delle “libertà sociali” determina le fortune e i successi di taluni paesi, mentre uno modesto attesta le sventure, le sottomissioni, l’immaturità e l’arretratezza di tal altri.

Ora, però, torniamo ad interessarci di ciò che accadde all’indomani mattina di quel ‘famoso’ viaggio d’istruzione, durante lo spostamento verso Venezia.

Le libertà “sociali”

Erano quasi le 8.00 e nella hall dell’albergo c’erano solo pochi ragazzi a far colazione, tra costoro anche Mauro. Dopo una nottata di spensierata allegria, molti di loro s’erano addormentati soltanto poco prima che facesse alba. Il preside era stato costretto a passare da ogni camera per svegliarli ed avvisarli che avevano a disposizione solo una ventina di minuti per lavarsi e fare colazione. Vennero giù dalle loro camere che sembravano più che altro degli zombie, mezzi imbambolati, barcollanti e con i sogni ancora aggrappati alle ciglia.

Solo dopo un’ora i ragazzi prendevano finalmente posto nel pullman ed ascoltavano, in assoluto silenzio, la ramanzina del capo d’istituto.

“…Sapete bene che oggi è il 25 aprile e che quindi troveremo piazza San Marco gremita di gente. Per tale motivo è necessario che ognuno stia in gruppo, non si allontani per alcun motivo e si rapporti in continuazione con il proprio insegnante. Guai a voi se trasgredite anche quest’ordine… qualcuno potrebbe non sostenere gli esami di licenza!”.

Mauro aveva occupato lo stesso posto del giorno precedente ed aspettava che mi sedessi accanto.

“Ti trovo piuttosto imbronciato e stanco…” – gli chiesi con tono inquisitorio – “…Forse è perché non hai dormito questa notte?”.

“Nient’affatto, professò, ho avuto tanta paura che il preside, dopo il rimprovero di poco fa, mi mandasse in fondo al pullman, lontano da voi”.

 “T’è piaciuta la lezione di ieri, vero?…” – gli ricordai amorevolmente, stuzzicandolo – “…Il discorso di oggi si fa più complesso ed articolato, poiché sono tante le libertà che prenderò in considerazione”.

“Ehilà, che bello, professò!… Forza, riattaccate!” –

“Mi piace tanto il tuo interessamento… è segno di un’incipiente maturità…” – gli precisai con soddisfazione – “…Di libertà ‘esterne’ vi sono molte: c’è la libertà di religione, quella di stampa, di lavoro, di pensiero, di riunione, di associazione, d’appartenenza politica, di voto, d’azione e di fare tutto ciò che non produce alcun danno a terzi, al pubblico interesse e al patrimonio dello Stato e della Chiesa”.

“Professò, ignoravo che ci fossero tutte queste libertà!”.

“Ci sono e vanno pienamente garantite da una parte e rispettate dall’altra. È lo Stato, tramite le sue istituzioni, a farsi garante nei confronti di ogni cittadino della loro tutela e fruizione. Al cittadino è però fatto carico di rispettare le norme ed attenersi scrupolosamente al loro dettato”.

“Mamma mia, quanto è difficile vivere!… Con tutte queste regole da osservare, la vita sembra una corsa ad ostacoli. Voi che ne pensate, professò?!”.

“La nostra vita sarebbe un labirinto, anzi un vero inferno, se non ci fossero i principi costituzionali a garantire un vivere democratico e civile ai cittadini. In virtù della loro conquista e dopo secoli di lotte sanguinose, l’umanità è arrivata finalmente a incamminarsi verso un sistema di vita più consono alle aspettative di tutti. Ma ci vuole ancora del tempo e dei sacrifici, prima che si tagli il traguardo della libertà piena”.

“Professò, c’è ancora tanto tempo da aspettare?”.

“Tanto, Mauro mio, tanto… Per alcuni aspetti viviamo ancora nell’Alto Medioevo. Purtroppo, nonostante i grandi progressi fatti, alcune genti sono ancora legate a grosse catene che impediscono loro di godere almeno delle libertà più importanti. Il guaio è che vi sono poche persone che osservano le leggi con scrupolo, mentre sono ancora tante, ahinoi, quelle che le calpestano per procurarsi grossi privilegi”.

“Io, professò,… io sono convinto di rispettare ogni diritto altrui e di osservare le regole. Quindi mi ritengo di essere una persona libera”.

“Ti sembra, Mauro… ti sembra. La tua è senz’altro una libertà da correggere, una libertà del tutto personale. Purtroppo, abbiamo ancora un’idea sbagliata sul suo conto. Per farti capire meglio il concetto, ti porto un esempio banale, che poi tanto banale non è”.

“Professò, quanto mi piacete quando fate degli esempi pratici. In questo modo capisco più facilmente”.

“Allora, seguimi con molta attenzione. Se ti trovassi a vivere da solo in un deserto, potresti agire in piena e totale libertà, proprio perché non avresti la possibilità di rapportarti con alcuna persona. Potresti urlare, rotolarti nella sabbia, fare capriole, denudarti, cantare a squarciagola: potresti, insomma, fare di tutto e di più, perché tutto sarebbe per te lecito. Se, invece, ti trovassi a vivere in quel deserto con un’altra persona…”.

“Professò, magari con una bella ragazza!” – intervenne a sproposito lo studente.

“Mauro, non è certamente questo il momento di scherzare!”.

“Perdonatemi, professò, mi rendo conto di avere sbagliato…”.

“Allora, ripeto… Se ti trovassi a vivere con un altro tuo simile, dovresti dividere con lui l’immensità del deserto. Le cose comincerebbero a cambiare: non potresti denudarti, né tanto meno urlare o cantare ad alta voce, per non suscitare una possibile reazione da parte del tuo ‘condomino’, a meno che non decidessi di allontanarti di quel tanto necessario per isolarti nuovamente. La “libertà sociale” della piccola comunità comincerebbe ad imporre alcune limitazioni. Ora immagina per un istante di scorgere in quel deserto dieci, e poi cento, e poi mille persone: la tua libertà iniziale, da ampia e illimitata, diverrebbe gradualmente contenuta e sempre più ristretta. Oggi, figlio mio, l’umanità si trova in un deserto popolato da miliardi di uomini che, necessariamente, per vivere con dignità e in pace, si sono dati delle leggi. Perciò, Mauro, queste regole sono i sentieri su cui l’umanità deve incamminarsi, senza mai uscirne fuori. Vedi? È la stessa libertà ad imporci dei giusti limiti. Quindi al bando la “libertà istintiva e selvaggia” a cui tanto aspiriamo, e “W la libertà vigilata, condivisa, partecipata”.

“Avete piena ragione, professò”.

“Non ho ancora finito, Mauro. La libertà d’ogni singolo cittadino del mondo è stata giustamente incanalata in un condotto di servizi, in cui si miscelano diritti e doveri… Il guaio è che non tutti ne usufruiscono nella stessa misura e non tutti rispettano le regole. Questo perché nel “gran calderone della turbolenta società umana” sono presenti, e lo saranno ancora per molto tempo, enormi squilibri sociali e sperequazioni notevoli, che quotidianamente provocano pericolose tensioni e attriti tra i vari popoli. Abbiamo, purtroppo, popoli di serie “A”, dove è presente un benessere sociale considerevole, e popoli di “Terza categoria”, dove lo stato d’indigenza tocca livelli paurosi e la sopravvivenza è sempre un optional molto costoso”.

“Che bello, professò, continuate con gli esempi. In questo modo vi seguo meglio…” – puntualizzò il ragazzo.

“Ai miei occhi, gli uomini di oggi si presentano come se fossero tantissime sfere di diversa natura, molte delle quali appaiono bolle di sapone, vaganti senza meta nell’aria, sballottate di qua e di là verso ogni possibile direzione. Basta, però, un leggero contatto, un minimo attrito per farle… puff!… scoppiare. Queste costituiscono la parte bassa della società mondiale, la parte più vulnerabile.

Poi, si notano sfere molto più stabili, simili a palloncini di plastica, che, a differenza delle bolle di sapone, si toccano e si sfregano, senza provocare o ricevere danni. Queste rappresentano la maggior parte delle persone che vivono nelle società opulente, ma, nonostante tutto, sono suscettibili di possibili ‘esplosioni’. Infatti, devono rimanere sempre negli spazi loro destinati. Guai se dovessero avventurarsi molto in alto, perché esploderebbero per la scarsa pressione atmosferica. Questi palloncini sono in pratica il ceto medio della società”.

“Professo, scusatemi se v’interrompo, a volte usate dei termini incomprensibili. Vorrei sapere che significa ‘opulento”, “incipiente” e “vulnerabile”.

“Hai fatto bene a fermarmi. Spesso, noi professori diamo per scontato ogni cosa. Il termine “opulento” significa ricco, lussuoso, mentre si utilizza “incipiente” per indicare ciò che sta per nascere, per iniziare ed infine “vulnerabile” sta per feribile, attaccabile”.

“Grazie tante, professò!”.

“Nel terzo gruppo si muovono le sfere di cuoio o di materiale duro, come ad esempio i palloni da calcio, da pallavolo, oppure le palline da tennis, da golf, ecc. Queste sfere hanno maggiore libertà di movimento, poiché possono subire grossi traumi: dai calci violenti, alle schiacciate, alle bacchettate e bastonate. Queste sfere rappresentano i nostri amministratori locali, nazionali, internazionali. Anche per loro, però, può giungere il colpo di grazia a sorpresa, vale a dire la loro sostituzione con altri palloni nuovi e di materiale più affidabile.

Nell’ultimo gruppo vivono incontrastate le sfere di ferro, o meglio le palle da cannone. Esse hanno in mano l’intero pianeta, sono i padroni assoluti della vita degli uomini, i quali supinamente ‘devono’ accettare le loro leggi e rassegnarsi a subirle. Anche se sono poche, fanno molto male e difficilmente si sconfiggono. Sono gli uomini dell’alta finanza, della grande industria, dei potenti gruppi economici che fanno e disfanno a proprio piacimento ogni aspetto vitale del pianeta e pongono, anzi impongono, i limiti dentro cui muoversi. Sono quegli uomini dei quali nessuno mai ne parla e che nessuno mai vede in pubblico. Sono le menti grigie, sono i venditori di morte, i burattinai che pensano solo a muovere le marionette e a ingozzarsi di ricchezze. Io li definisco meglio chiamandoli “ladri di felicità”. Credo che questo esempio t’abbia fatto capire che la libertà è ancora un’entità confusa e indistinta all’orizzonte. Gli uomini, purtroppo, possono solo beneficiare di pochi spazi vitali: sono ancora dei polli rinchiusi in recinti ben limitati”.

“Professò, cosa si può fare di fronte ad una simile stratificazione della società umana?” – obiettò giustamente Mauro.

“Intanto è necessario informare, ripetutamente e sino alla nausea, le giovani generazioni dell’effettiva consistenza e strutturazione della società umana. Solo attraverso questa presa d’atto, è possibile pian piano educare e correggere le coscienze dei singoli, rivoltarle come un calzino, responsabilizzarle e sperare che, in un futuro non molto lontano, le disparità tra gli uomini siano ridotte al lumicino, tanto minime da far passare attraverso le loro strette maglie a malapena un leggero refolo… d’ingiustizia sociale.

Insomma, ognuno di noi dovrebbe cominciare a muoversi in una dimensione flessibile, modulare, elastica, multietnica, multireligiosa e monolingue. L’umanità dovrebbe vivere in una dimen- sione, non certamente statica e predefinita, ma semmai in una dimensione in cui ognuno potrebbe insinuarsi in tutte le pieghe della comunità, sin dove non procuri con il suo fare danni ad altre persone o ne leda i diritti. In tal modo tutte le libertà sociali prenderebbero pian piano corpo e la vita degli uomini sarebbe pienamente garantita”.

“Mi sembra un po’ troppo complicato, professò!… È un progetto di difficile attuazione, perché bisognerebbe mettere d’accordo tante teste e poi ci sarebbero i grandi interessi delle nazioni ‘opulente’ che, come voi avete detto, non vorrebbero certamente perdere”.

“Non ho detto che sia facile, anzi credo che sia difficilissimo. Il traguardo è molto distante e le difficoltà sono numerose, ma, se ci facciamo prendere dallo sconforto e dalla convinzione che tutto sia vano e irrealizzabile, sicuramente non approderemo mai a nulla di buono. Perciò, bisogna muoversi, bisogna coinvolgere tanta gente attorno a questo progetto comune, a questa che sembrerebbe un’utopia, ma che in effetti è solo una meta molto distante da noi, ma, non per questo, è da ritenersi irraggiungibile”.

“Professò, queste due giornate non le scorderò per la vita!”.

“Non credere che abbia esaurito l’argomento. Ci sarebbe da dedicare un’intera settimana alle varie libertà, ma, purtroppo, devo interrompere il discorso, poiché abbiamo già superato Mestre e stiamo per immetterci sul lungo viadotto che porta a Venezia”.

“Peccato, professò!… non poteva essere più lungo ‘sto tragitto?!” – concluse il ragazzo con molto rammarico – “…E mo’, quando lo porterete a termine il discorso?”.

“Fra non molto, Mauro. Prima o poi si presenterà la buona occasione per riprendere il dibattito. Ecco, diamoci appuntamento ad esami conclusi, così avremo modo di brindare alla tua promozione”.

“Grazie, professò, vengo a trovarvi nella sala dei professori!”.

“Prima di chiudere definitivamente il discorso, voglio regalarti alcune considerazioni, ma promettimi che ne farai buon uso”.

“Professò, come potrei mai tradirla. Le assicuro che manterrò il giuramento: costi quel che costi” – replicò Mauro, incrociando indice e medio di entrambe le mani.

“Ricominci a darmi del ‘lei’?”.

“Professo, non ci ho fatto caso”.

 “Ecco, Mauro, il primo consiglio è di batterti sempre per l’ideale che ti consentirà di vivere bene e di stare in pace con tutti. Sii sempre uno spirito libero e stai accanto a chi soffre, a chi viene sfruttato, maltrattato, vilipeso e offeso nei suoi diritti fondamentali.

Il tuo compito non deve finire qui. Le buone idee non ti devono rimanere in testa. È necessario che camminino, che operino, costruiscano, difendano, combattano e si moltiplichino. Dovrai dare “scarpe alle tue idee” per coniugarle con la realtà in un impegno quotidiano senza fine. Ma al tempo stesso sarà necessario fornire “ali alle tue azioni” per staccarti dalla materialità quotidiana. Solo così ti sentirai un “uomo totale”.

Il secondo consiglio è conseguenziale al primo. Fai di tutto per vivere da persona libera sino alla fine dei tuoi giorni: è il regalo più importante che un uomo possa fare a se stesso. Ti costerà fatica, sacrifici, rinunce e, forse anche, tante lacrime, ma alla fine, quando starai per salutarti da questo mondo, benedirai il tuo comportamento, le tue scelte di vita  e sarai fiero di te stesso, molto fiero, perché solo allora ti renderai conto di non aver vissuto invano”.

Intanto il pullman s’era fermato nell’immenso parcheggio di piazzale Roma. Mi alzai per ricordare ai miei alunni di non allontanarsi dal gruppo e di tenersi sempre a stretto contatto con me. Ritornai a prendere i miei pochi effetti personali. Trovai Mauro ancora seduto e con lo sguardo perso nel vuoto. Mi fermai: non intesi disturbarlo minimamente. Aveva gli occhi lucidi ed era immerso in una pace smisurata, in un mondo tutto suo, forse in quel mondo per il quale stava già immaginando di battersi. In quel momento ebbi la sensazione che stesse per nascere un vero uomo, un “uomo libero”.