Lapide a Gioacchino Toma

La lapide a Toma

di Rosanna Verter

In Piazzetta, R. Orsini, proprio di fronte alla Basilica Pontificia di S. Caterina d’Alessandria c’è un elegante palazzetto in stile semplice e lineare, sul quale è murata una lapide con la quale città volle, con un commovente tributo al pittore del dolore,  tramandare ai posteri, [scrivendo così la parola fine ad una lunga dimenticanza], il ricordo di chi era rimasto, e voglio crederci, non solo pugliese, ma anche e soprattutto Galatinese: Gioacchino Toma.

Gioacchino Toma

Gaetano Martinez, altro figlio illustre di Galatina, seguiva il genius loci; egli  fu sempre legato a  quella perla d’uomo… a quel semplice e chiaro e mesto e pensoso pittore, tanto che fu l’ideatore di due grandi eventi legati all’artista: la realizzazione della lapide   e del busto bronzeo che campeggia nella piazza omonima. Il Martinez aveva tenuto il 18 maggio 1924, presso l’aula magna del Circolo Cittadino, una conferenza, Gioacchino Toma e la sua arte nella quale, con molta passione presentò la figura del Toma in tutta la sua integrità di bellezza, di bontà e di sacrificio facendo rilevare i grandi pregi di un’arte sentita e originale. Al termine dell’applauditissima conferenza tutti si augurarono che nella sua terra natia potesse sorgere un monumento a imperitura memoria, tanto che il 31 maggio del 1924 il Martinez rispondeva, da Roma, ad una lettera che gli era stata inviata dal Segretario politico del Fascio nella quale oltre a sottolineare che mentre Galatina muore lentamente e si rintana nel torpore silenzioso dell’insensibilità costruendo un grave ostracismo ad oltranza, accettava la proposta in nome dell’arte pugliese, per la realizzazione di una targa al grande Toma. Avviò, quindi, una raccolta fondi a livello nazionale, tra amici appassionati delle belle arti e semplici cittadini.  Per questa lapide nel maggio del 1924 si era costituito  un comitato generale e uno esecutivo, del quale faceva parte anche il dr Carmine D’Amico, presidente dell’Associazione della Stampa. Per lo scoprimento Galatina ospitava l’Alto Commissario della città di Napoli, il presidente dell’Accademia Meridionale di Belle Arti, prof. Salerno, ispettore dei monumenti, il figlio di Toma, ing. Gustavo, la Deputazione politica e provinciale e molti ospiti leccesi accolti nel liceo dall’onorevole Mongiò e dal Commissario Prefettizio cavaliere Palmisano, dal preside prof. Candido e dal dott. Vallone. Un imponente corteo preceduto dalla banda musicale alle 10 si avviava verso la casa del Toma con le autorità politiche, il prefetto Marri, il segretario politico provinciale Cavaliere Leopizzi, il sotto prefetto di Gallipoli cav. Viola, il sindaco di Lecce cav. Stasi, il comandante del presidio di Lecce, il Questore, i rappresentanti del fascio, delle scuole, molti artisti come  Casciaro, Ciardo, Palumbo, Duretti, Schingo, Baffa, i maestri Preite, Raeli e R. Menotti, le signore Angelica Selvaggi e Giulia Palumbo,  il presidente Selvaggi e il prof. Salerno e rappresentanze di comuni vicini. Dal balcone di casa Toma il dott. Vito Vallone rievocò la figura “plutarchiana” del concittadino nei commoventi ricordi della sua vita. Dopo di lui il comm. Selvaggi, lesse le molte adesioni venute da ogni parte del Governo, da autorità, da enti artistici e da ammiratori, tra gli altri un nobile messaggio inviato da Arduino Colasanti, direttore generale delle Belle Arti. Chiuse i saluti l’orazione del prof. Francesco Sapori, venuto da Roma, del Ministero della P.I., il quale sostenne che “la personalità di Gioacchino Toma è di una umanità schietta che rifugge dal Realismo come dal Romanticismo”. Venne così scoperta la lapide con incise, su bianco marmo, queste parole dettate dal  letterato-librettista Fausto Salvatori inciso su bianco marmo:

Targa Commemorativa Toma

GIOACCHINO TOMA

LE SOAVI E PROFONDE VISIONI DELL’ANIMA

IN CHIARA ARMONIA DI COLORI TRADUSSE

DISCEPOLO DELLA NATURA FU MAESTRO AI GIOVANI

NACQUE AD ESEMPIO MOSTRARE

L’ANNO DEL SIGNORE MDCCCXXXVI

ASCESE NELLA LUCE L’ANNO MDCCCXCI

L’ARTE AFFIDA IL NOME AL TEMPO

In quella cornice di sole un lunghissimo applauso celebrò il  pittore dell’ombra e del silenzio.

Ma tra i tanti ospiti mancava qualcuno. Mi sono sempre chiesta come mai proprio lui, il Martinez, fosse stato il grande assente allo scoprimento della lapide. Per caso, ragionando con l’amico Luigi Galante (cultore del Cavoti) del rapporto che univa Toma al Martinez, mi suggerì di cercare notizie in uno scatolo conservato presso il nostro Museo Civico. Nello scatolo vi era, e c’è, un vecchio album dove al posto delle foto  sono incollati articoli di giornale, lettere, copie di telegrammi e corrispondenza varia. Leggendo il tutto si evince, il dispiacere, lo sconforto e la dolorosa rinuncia di Martinez all’evento tanto atteso. Cosa era successo? Più o meno questo:

La Voce del Salento era un settimanale politico-economico–letterario, diretto dal prof. Pietro Marti, che iniziò le sue pubblicazioni il 15 gennaio 1926, con grande successo di lettori, come del resto lo furono tutte le testate da lui dirette. La prima pagina del numero 22 del 25 giugno 1926 è tutta dedicata a Toma e alla lapide inaugurata a Galatina. Il titolo a tutta pagina è A PROPOSITO DEL TOMA e in tre colonne si sviluppano tre argomenti OMISSIONI, RILIEVI e PROTESTE. Nelle “Omissioni” la redazione sottolineava come la fama di Toma si andava consolidando sempre più da quando il sindaco leccese Pellegrino nel lontano 1898 aveva chiamato a raccolta i maggiori scultori del Salento perché fossero presenti all’inaugurazione del museo e del busto a Toma che un gruppo di artisti aveva commissionato al De Matteis già nel 1896. L’orazione commemorativa fu tenuta da Luigi Viola, che ricostruì la vita avventurosa e l’opera umana del nostro concittadino.

Casa natìa di Gioacchino Toma

“Rilievi” invece ospitava, su richiesta, una lunga lettera che Martinez scriveva al Direttore nella quale narrava quanto di strano era successo per lo scoprimento della lapide e dalla quale emerge la sensibilità, la rabbia e la delusione, di Gaetano Martinez

Caro prof. Marti

Consentimi un po’ della tua cortesia perché io possa illuminare il pubblico su quanto è avvenuto di strano, circa lo scoprimento della lapide murata sulla casa di Galatina ove G. Toma ebbe i natali.

L’iniziativa, come tutti sanno, per una sottoscrizione nazionale fu da me promossa circa tre anni addietro sul giornale d’arte “la Fiamma” di Roma. E con l’aiuto del direttore di questo giornale  e di G. Casciaro a Napoli, in breve fu raccolto quanto bastava.

Lo scopo era raggiunto e la lapide, con l’epigrafe dettata da Fausto Salvatori, fu messa a posto.

I festeggiamenti si erano già stabiliti definitivamente, quando, il caso volle che il sig. Eugenio Selvaggi mi incontrasse in casa di Guido Guida. Egli, ottenuto prima il nostro interessamento per la mostra, che stava preparando a Lecce, si prestò spontaneamente di volerci aiutare per la preparazione in provincia, circa i suddetti festeggiamenti, pregandoci di abbinarli con la sua mostra, perché fosse formato un unico programma di avvenimenti di carattere artistico. Nulla di male: io e l’amico Guida accettammo.

Selvaggi, ritornato in provincia, si mette subito al lavoro e fissa l’apertura della mostra per il 30 maggio e la cerimonia di inaugurazione di Galatina, per il 31. I primi ostacoli furono quelli dell’oratore. Io avevo proposto l’onorevole Calò per essere stato questi sottosegretario alle Belle Arti  ed aver inaugurato il busto di Toma, offerto dal figlio del maestro, al municipio di Napoli. Calò, per ragioni che ignoro, non fu invitato. Si pensò (a Lecce questo) all’on. Romano, poi all’on. Foschini, mentre le cose precipitavano, non avendo il Selvaggi intenzione di spostare le date dei festeggiamenti, per non svantaggiare se stesso e le sue iniziative, data la stagione lirica a Lecce. Non avendo egli potuto trovare un oratore, impegniamo noi qui Fausto Salvatori e Carlo Siviero. (quest’ultimo da me pregato di preparare una conferenza su Toma con proiezioni da tenersi a Lecce ed a Galatina).

Ma per il giorno fissato da Selvaggi si era arrivati troppo tardi, e, tanto io, quanto Guida e Sivierio non potevamo renderci liberi. Il collega Sivierio aveva bisogno di maggior tempo per meglio preparare una cosa degna del maestro; Guida doveva organizzare, dopo quella degli artisti argentini, la mostra di Wolf Ferrari; io dovevo assistere alla formatura d’una mia statua (e mentre scrivo i formatori ancora lavorano).

Ma Selvaggi non si preoccupa di noi e dei nostri impegni. Comandava lui! Noi da proprietari, eravamo divenuti inquilini. Tutto doveva essere asservito alla sua mostra ed egli faceva l’orecchio da mercante alle mie insistenze di dilazionare le date; oppure, lo avvertivo, di dividere in due numeri i festeggiamenti, distaccandoli di pochi giorni, restando ferma, per il 30 l’inaugurazione della mostra, che noi avremo visitato al passaggio per Galatina. Macchè!, la mente di Selvaggi s’era suggestionata!

Quand’ecco, un caso nuovo. Il 22 maggio egli mi annuncia: “Il Commissario di Galatina s’impossessa della nostra lapide, e mi scrive che nulla si farà ora. Stabilirà lui quando crederà di inaugurarla e in quel modo che gli parrà opportuno. Dopo questo ukase io, con vivo rincrescimento, me ne lavo le mani…”. Contemporaneamente, un amico di Galatina mi scrive: “la cerimonia subirà certamente un’altra dilazione. Tra i motivi di questo divieto è da cercarne anche qualcuno di carattere politico, che però si riferisce alla mostra di Lecce più che alla cerimonia di Galatina. E tu sei all’oscuro di tutto? Le informazioni che mi dai sono del tutto differenti da quelle che provengono da Lecce; quindi debbo anche dire che forse non v’è neppure ordine ed armonia in questo comitato”. Ingarbugliate ormai le cose e per cercare una via di chiarimento e di uscita e per scegliere una buona volta il ghiaccio dalla testa di Selvaggi, scrissi subito al prof. Duma di Galatina, il quale era stato incaricato per la preparazione, dichiarando il Selvaggi dimissionario dal Comitato Esecutivo. Di questa mia decisa deliberazione ne avvertivo il giorno dopo l’interessato, e spedivo al prefetto comm. Marri un telegramma onorandomi di consegnare a lui la Lapide di Galatina, e pregandolo di accettare il patronato per le onoranze. Ed il prefetto così mi rispondeva: “Onoratissimo ringrazio accettando patronato onoranze pittore Toma”.

Le cose sembravano così avviate alla meglio e noi qui non si pensava più alla fine di maggio, come si era stabilito per forza.

Ma, mentre io ritenevo il Selvaggi per la questione Toma morto e seppellito, dopo che egli stesso se n’era “lavate le mani” e dopo che io lo avevo dichiarato dimissionario, eccolo di nuovo sbucare dalla sepoltura e farmisi davanti come il morto che parla.

E si annuncia con questo telegramma, il 26 maggio: “Confermo mostra 30. Onoranze Toma 31. Avvisa Guida. Attendiamo intervento”.

Qui io non ci capivo proprio nulla, perché bisognava preparare in fretta valigie e bagagli e ubbidire agli ordini del generalissimo. Partire… e, con chi? Con chi egli aveva preso gli accordi da oltre tomba? Chi doveva tenere il discorso inaugurale? Mistero! E se anche il commissario di Galatina avesse abbandonato il possesso della lapide, sapeva il signor Selvaggi che egli non c’entrava più? Ma, anche ammettendo il contrario, non comprendeva oramai, che si era giunti troppo tardi e che altra via non gli restava se non quella di spostare la data di Galatina, fissandola dal 4 all’8 di giugno, come ebbi ad avvisarlo e nei quali giorni Fausto Salvatori si sarebbe potuto rendere libero?

Il 28 ricevo dal Commissario di Galatina quest’altro telegramma: “Scoprimento lapide Toma avrà luogo lunedì 31 corr. Ore 10. Pregola intervenire”.

E ancora da Selvaggi, che comunicava come il Norge, per conquistare il Polo…Domani Mostra, lunedì Toma, presenti Casciaro, Cangiullo, Sapori oratore. Informa Guida, amici, per adesioni.

Ricevo pure un invito stampato!…

Selvaggi marcia sempre poco curandosi di noi e non è neppure contento. Chiede anche adesioni!

E difatti con l’amico Guida gli spediamo questa adesione telegrafica:

…………………inaugurazione arbitraria lapide Toma. Provvederemo perché sia evitata.

E a Franco Sapori, io: Impegnati precedentemente Salvatori e Silviero commemorazione Toma, spero non vorrà prestarsi abusiva inaugurazione lapide Galatina.

Ed al Prefetto: Commissario di Galatina telegrafami scoprimento lapide Toma 31 corrente. A nome Comitato Nazionale prego S.V. impedire scoprimento arbitrario.

Un altro ancora al Prefetto firmato da me e Guida: Soli promotori sottoscrizione lapide Toma preghiamo Lei, presidente nostro, volere impedire estranei abusiva inaugurazione.

Risposta: Martinez Monserrato Roma. Professore Casciaro quale Presidente Comitato rivendica diritto fissare lunedì data scoprimento lapide. Stop. Sono e mantengomi estraneo vertenza. Prefetto Marri.

Il Prefetto naturalmente non poteva agire diversamente data la presenza di Casciaro a Lecce. Casciaro presidente del comitato, (ma ivi recatosi per la mostra) sì, ma di quello napoletano. Punto primo. Casciaro ha agito, bene o male, essendo all’oscuro di tutto. Punto secondo. Il presidente di qualsiasi comitato, “deve” io  credo, prima di agire, sentire il parere di tutti i componenti, ammenochè non gli siano stati affidati pieni poteri. Punto terzo. Casciaro stesso avrebbe dovuto poi, sospendere momentaneamente tutto, sopravvenuto un fatto nuovo. (Questo accade spesso, anche ad inviti stampati e inviati); ed era in tempo, far venire prima a conoscenza dei gravi motivi delle nostre proteste.

Ed ho finito, lasciando al pubblico il giudizio definitivo, ignorando, sino a questo momento, se la lapide è stata o non è stata scoperta.

Roma,1 giugno 1926

Ed ora, per finire, ed a scopo di liquidazione, faccio queste domande a quei signori che si sono proclamati da loro stessi presidenti dei comitati.

E’ vero o non è vero che voi vi siete impadroniti abusivamente – e senza precedenti di questo genere, che io ricordi- d’una cosa che è ancora di mia proprietà; e di cui non si è, purtroppo, ancora saldato il conto? Ma volete proprio che io vi marchi a fuoco e denunzi la viltà e la vanagloria per la speculazione che avete consumata alle mie spalle ed a quelle di Guido Guida? Su via, fatevi coraggio! “mentre che il danno e la vergogna dura!”

Voi avete finita la commedia. Adesso comincio io.

Voi signori che avete parlato da quel balcone sentivate proprio tanta paura di pronunziare il mio nome: il nome del proprietario principale, a cui si deve l’iniziativa, e, quel che più conta il portafoglio?!!!

E’ vero o non è vero che io, con l’aiuto dei miei fratelli, ho fatto fare e murare la lapide anticipando io medesimo il denaro e che da più di un anno non ho avuto sino ad oggi che un modestissimo conto?

E’ vero o non è vero che, senza di me, nulla si sarebbe fatto o nulla si sarebbe pensato, come non si era mai pensato nello spazio di 34 anni dalla morte del Maestro? Confessate almeno questo, dopo tanta vergogna, se avete civile coraggio. Ma liquidate prima i conti sospesi.

E questa è, dopo il dolce… la pillola amara che dovete ingoiare.

In merito al manifesto compilato dal commissario di Galatina diretto ai concittadini, voglio ricordare qui il telegramma che mi fu spedito, nel gennaio del 1924, dal commissario di allora, appena questi ebbe appresa la notizia, dai giornali della capitale, della mia iniziativa:

“Scultore Gaetano Martinez

Via Monserrato, 29 – Roma

Plaudendo a nome cittadinanza sua nobile affettuosa iniziativa per onorare  nella propria città illustre conterraneo Gioacchino Toma, prego gradire miei particolari ossequi con adesione comitato onoranze. Gradirò informazioni per costituire comitato in Galatina.

                                                  Commissario Prefettizio Zanframundo”

Ho detto e lascio ad altri i commenti. Per ora grazie a te prof. Marti, dell’ospitalità.

                                                                                                                            Gaetano Martinez

 

Segue nella terza colonna dal titolo “Proteste” una lettera di Guido Guida, direttore di “Fiamma” datata 15 giugno 1926, in cui conferma quanto detto dal Martinez ed insiste sull’arroganza del Selvaggi che pur di dar risalto e successo alla sua mostra sfrutta la loro idea e si impossessa dell’evento escludendo il Martinez ed egli stesso dal progetto, dalle cronache dei giornali. Il Guida chiude il suo articolo scrivendo che il commento sorgerà in ogni cittadino, e sarà un conoscere meglio gli uomini; la protesta sarà in alto loco contro tutti- coscienti e incoscienti- quelli che si sono prestati all’abuso nel nome di un morto glorioso.

Queste le alterne vicende che hanno visto, tra molte polemiche, tante e tali da scordare di incidere la data dello scoprimento sulla lapide.