“Mala tempora currunt sed peiora parantur”. – Marco Tullio Cicerone (106 – 43 a. C.)

Corrono brutti tempi, ma se ne preparano di peggiori”.

Sentenza pronunciata da Cicerone durante un intervento in Senato per descrivere le incerte sorti dell’impero Romano, che già cominciava a vacillare. Del resto si stava avvicinando la fine della repubblica di Roma.

Spesso viene pronunciata da persone di una certa età con un pizzico di nostalgia dei tempi passati, considerati migliori di quelli attuali sotto molti i punti di vista.

Strettamente collegata alla precedente è quest’altra sentenza: “Laudatores temporis acti”, cioè “Lodatori del tempo passato”.

Si riporta un esempio che calza perfettamente con quanto enunciato.

Aristotele

Spesso alcuni genitori ricordano ai propri figli: “Ai miei tempi era tutta un’altra cosa”,

Quando questi padri erano giovani, anche il nonno usava dire “ai miei tempi”.

E così anche il bisnonno al nonno e lungo tutte le generazioni.

Ai nostri giorni capita spesso che un genitore sgridi i propri figli per i comportamenti sfrontati assunti oppure per un abbigliamento femminile sin troppo sfacciato e provocatorio.

“Ai miei tempi tutte le donne erano pudiche sia nel vestire, nel parlare e nel sapersi comportare!”. Quante volte non abbiamo sentito questi rimproveri?… E quante volte non li abbiamo pronunciati noi altri nei confronti dei nostri figli e nipoti?

Addirittura in un papiro egiziano (forse di Prisse) si rimpiangono le virtù che fiorivano nei secoli precedenti.

In questi ultimi decenni si ha nostalgia anche del tempo passato in senso meteorologico, tanto che ci lasciamo andare spesso a “non ci sono più le mezze stagioni”.

In conclusione, la lagnanza sulla decadenza della vita moderna, quella in cui per nostra sfortuna siamo chiamati a vivere, è un’evidente attestazione di come in ogni epoca gli uomini (dell’età matura) abbiano sempre lodato e magnificato i tempi andati.

Così è stato, così è e così sarà.

“Amicus Plato, sed magis amica veritas” –

“Platone è mio amico, ma mi è più amica la verità”.

Proverbio di origine incerta, forse è da attribuire ad Aristotele, presente in un passo dell’Etica nicomachea, dove il filosofo afferma “Benché entrambi mi siano cari (amici), è sacrosanto privilegiare la verità”.

Vanno infine segnalate tre variazione su questo tema.

  • Amiamo sia la verità sia Platone, ma è più giusto amare la verità”.
  • “È amico Platone, è amico Socrate, ma prima bisogna onorare la verità”.
  • “Per nessun motivo si deve preferire un uomo alla verità”.

Questo proverbio è tuttora di uso comune, ad indicare che la verità deve essere più importante di qualsiasi altra cosa, persino dell’amicizia.

Ci sono altre testimonianze del genere presenti sia nel mondo greco che latino, ma lo spazio a noi riservato in questa rivista non me lo permette.

Un’ultima considerazione mi sento di fare: “Ma esiste ancora la verità? …“Forse l’unica verità presente nell’attuale vita è la falsità che imperversa in lungo e in largo tra gli attuali esseri umani, soprattutto a livello politico”.

Giulio Cesare varca il Rubicone

Alea iacta est– Giulio Cesare, 10 gennaio 49 a.C.

Si tratta di una delle frasi più famose riportate sui libri di storia.

Si traduce con “Il dado è tratto”, sebbene questa traduzione sia parzialmente errata, da sostituire con la più precisa locuzione “Il dado è stato lanciato”, vale a dire meglio “La decisione è presa”.

La pronunciò Giulio Cesare quando, nella notte del 10 gennaio del 49 a. C, decise di superare il fiume Rubicone entrando con il suo esercito in territorio italico e contravvenendo così a un’esplicita legge che vietava l’ingresso nell’area con armi e mezzi bellici: tale decisione portò alla seconda guerra civile.

Chi si affida oggi a questa frase dimostra risolutezza nel portare avanti i propri intenti senza riflettere sulla decisione presa. Generalmente viene presa in considerazione da quelle persone che, avendo poco da perdere e senza troppo ragionare, s’imbarcano in una situazione altamente rischiosa.

 

Mens sana in corpore sano” – Giovenale, 100 – 127 d. C. ca.

La massima compare nella X Satira, in cui il poeta sostiene il perseguimento della tempra umana attraverso due essenziali valori, ovverosia la sanità dell’anima e l’integrità del corpo, cardini della più piena salute dell’uomo.

Il significato è quanto mai importante: “Mente sana in corpo sano” e indicherebbe una condotta da seguire per star bene costantemente, vale a dire nutrire la mente con studio e apprendimento e il corpo con esercizio fisico e puro piacere.

Le quattro tempora

Conditio sine qua non” – Autore sconosciuto.

L’espressione è un fulgido esempio di come la materia penale ancora si avvalga massicciamente della lingua latina. Ormai usata a tutti i livelli, nell’ambiente dell’avvocatura e del diritto privato. In genere questa frase puntella molte situazioni di non facile risoluzione: il significato “Condizione senza la quale…” lascia – a seconda delle questioni – aperta una prosecuzione che deve necessariamente aderire al contesto. Es: “Il pagamento della tassa è una conditio sine qua non… “

 

Amicus certus in re incerta cernitur” – Quinto Ennio, I secolo a.C.

La locuzione compare in un verso dell’Hecuba di Ennio, un’opera purtroppo scomparsa. Il significato è chiaro e indaga il delicato tema dell’amicizia, quella vera e incondizionata, cui la frase si riferisce: “Il vero amico si riconosce nei momenti difficili”. Di amici, in effetti, se ne possono avere tanti, ma di quali ci possiamo veramente fidare qualora decidessimo di confidarci? Ennio risponde alla domanda con un elegante costrutto di sei parole.

Alla prossima.