Non toglieteci l’ulivo

di Gigi Mangia

Prof. Gigi Mangia

È il Salento, la terra del sole umido, quello ad avere un paesaggio riconosciuto e una identità forte di antiche radici culturali. Solo il Salento può vivere della gioiosa meraviglia di due azzurri: quello del cielo e quello del mare e avere nell’orizzonte il viaggio nel blu. È la luce bianca quella che segna il tempo del giorno: l’alba color rosa d’oriente ad Otranto e il tramonto rosso del sole a Gallipoli mentre ognuno di noi può immaginare dove il sole va a dormire. Il Salento vive di luce bianca e la luce è il tempo della vita. Il Salento è terra di geografie sociali e di paesaggi, la storia li racconta. L’ulivo è il filo rosso che li lega, il fondamento, l’Essere della nostra identità. L’albero con le foglie verde argento ha saputo attraversare i tempi e vivere le stagioni della storia nel Mediterraneo, meritandosi il ruolo di gigante della terra. Oggi questo gigante è malato, rischia di finire in cenere. La terra del Salento non può perdere l’identità del suo albero: senza ulivo il Salento da parco a cielo aperto si trasforma in deserto sotto il cielo.

A quell’Europa che vuole eradicare trentacinque mila alberi di ulivo, anche quelli secolari noi dobbiamo reagire con forza. Dobbiamo farlo trovando le parole, recuperare quelle perse, conoscerle, capirle e poi usarle per trasformare la realtà per cambiare il modello culturale. Dobbiamo avere la convinzione di non rinunciare alla nostra storia rivendicando la nostra identità per cancellare dalla cultura quell’idea antistorica del Salento che per anni ha considerato la nostra terra come geografia sociale di confine, peggio ancora di provincia. La ricchezza dei valori, legata alle antiche radici ci ha consentito di superare nel passato le guerre lungo le sponde contrapposte dei popoli nel Mediterraneo per farci diventare poi un modello di civiltà delle convivialità. La nostra terra è stata presente nel viaggio della storia dei cristiani e l’ulivo è stato il segno della alleanza nel desiderio di pace dell’uomo con Dio. Il salentino più audace nel pensiero, e ancora più prossimo ai nostri sogni è stato il vescovo Don Tonino Bello il quale sulla sua tomba ad Alessano ha voluto proprio l’ulivo per dirci che l’identità culturale resiste anche alla morte. Per vincere la lotta e salvare l’ulivo dobbiamo tornare a sentirci storia e a saper esercitarci al rispetto della generosità della nostra terra. Per rinascere nella nostra resistenza culturale abbiamo bisogno di poesia e di avere come guida i poeti che hanno saputo dare la parola alla terra cantando l’ulivo. Il poeta, Girolamo Comi, di Lucugnano è il poeta dell’ulivo. I suoi versi per noi sono le parole che ci portano dentro la nostra storia e ci fanno scoprire il ruolo dell’ulivo nella nostra identità.

“Nell’albero velato di generazioni

d’inni d’effimere stagioni

circola una fragranza di tempo inviolato

che satura le pause del tuo fiato

D’uni coscienza di perennità.

Se ridiscendi verso le radici ecco la pazienza duttile ed intatta

d’una catena di germogli fatta

di sorde tempre di solarità.”

L’ulivo esiste ed è nel nostro corpo il quale apprezza il sapore e negli occhi contempla e conosce la bellezza dei suoi tronchi.

“Ecco il mio tronco: stelo, frutti e carne

ed echi sordi di succhi e di cieli.

Antichità di giovani risvegli

nel peso universale del mio sangue.”

Per testimoniare l’impegno per la salvezza dell’ulivo il 24 luglio a Specchia, al “Cinema del reale” nel frantoio ipogeo “Scupola” ho letto versi di Girolamo Comi per non dimenticare e quindi per invitare a resistere e a non perdere il nostro modello culturale che vive dell’identità dell’ulivo gigante della nostra storia per protestare contro chi ha perso la capacità di rispettare la natura e di violentare il territorio ho chiesto con forza di non toglierci l’ulivo! Di rispettare la nostra storia per farci continuare a vivere, senza essere in debito con la terra, di una fetta di pane arricchita da una croce d’olio.

 

 

“Poveri ulivi secolari, avvolti

nella tristezza de le vostre foglie,

poveri arbusti giovani, sepolti

nella scordata valle, fra le spoglie

erbe incolori, d’erbe disseccate!”   

L’ulivo è la nostra storia noi non ne possiamo fare a meno.