Fra’ Giovanni da Neritone e Fra’ Ugo da Samara

Due falsi testimoni di sette secoli fa

di Emilio Rubino

Un famoso processo alle streghe, come oggi si usa dire, ebbe a svolgersi sette secoli fa (precisamente nel 1310) a Brindisi, destando una notevole risonanza internazionale.

Tale processo riguardò gli appartenenti all’Ordine Cavalleresco dei Templari, così denominato perché fondato per difendere il “Tempio” della Cristianità a Gerusalemme.

Con la vittoria di Carlo I d’Angiò (nei pressi di Benevento) su Manfredi (Re di Sicilia), i Templari divennero ricchissimi. La loro accresciuta agiatezza e l’accumulo di tanti beni nel corso degli anni destarono subito l’invidia e la cupidigia dei potenti, per cui il loro enorme patrimonio fece gola sia ai Papi che ai Re.

Cominciò il re di Francia Filippo IV, detto il Bello, che, iniziata una politica di spoliazione, depredò i loro averi e soppresse l’Ordine con l’accusa di corruzione e di eresia.

Nel 1307, nel Regno di Sicilia, fu Carlo II d’Angiò che, imitando il Re di Francia, iniziò l’opera di persecuzione, tesa ad appropriarsi delle immense ricchezze accumulate dai Templari. Egli ordinò al duca di Calabria di imprigionare tutti i Templari, di inventariare i loro beni e quindi di confiscarli.

Nel 1309 morì Carlo II d’Angiò e al trono di Sicilia successe il figlio Roberto, il quale, proseguendo la politica di persecuzione del padre verso l’Ordine, ne ordinò lo scioglimento definitivo.

La vicenda dei Templari nel Regno di Sicilia culminò con un mostruoso processo che fu celebrato nella Chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi.

Santa Maria del Casale (BR)

Tale processo fu avvallato dalla gerarchia ecclesiastica, la quale, direttamente per ordine di Papa Clemente V, inserì nel collegio giudicante alcuni prelati.

Il processo iniziò il 15 maggio 1310 senza la presenza dei numerosi imputati, ma non perché fossero latitanti. Niente affatto. Non solo non furono invitati ad assistere al procedimento a loro carico, ma neanche informati del suo svolgersi, rimanendo, invece, rinchiusi e malmenati nel castello di Barletta.

Ai giudici fu inviata la bolla pontificia “Faciens misericordiam…” del 12 agosto 1308, con cui il Pontefice dichiarava di essere venuto a conoscenza di gravissime accuse di eresia, di idolatria e di empie colpe a carico del Gran Maestro Jacques de Molais e di tutti i cavalieri dell’Ordine dei Templari, dichiarandone di conseguenza lo scioglimento.

Jacques de Molay

Furono letti ben 127 capi di accusa, i più gravi dei quali erano quelli secondo cui i Templari rinnegavano il Cristo, sostenendo che non fosse il vero Dio o che non fosse stato crocefisso. Sempre secondo gli inquisitori, essi furono accusati di aver predicato falsità su Cristo, ritenendolo un falso profeta, sputando in ogni circostanza la Croce e calpestandola, specialmente nei giorni della Settimana Santa.  Altre ignobili accuse furono quelle di adorare alcuni animali e di accoppiarsi abitualmente tra di loro.

Montature enormi – come si vede – ed altrettanto inverosimili!

Furono portati (con forza) anche dei testimoni per dare fondamento giuridico all’accusa. Testimoni presi addirittura tra gli stessi Templari, tra cui Fra’ Ugo da Samara e un certo Fra’ Giovanni da Neritone (Nardò).

Il neritino ebbe a ‘confessare’ che, appena entrato nell’Ordine dei Templari, un tale Fra’ Ippolito da Barletta gli presentò una croce perché la rinnegasse, la profanasse e la calpestasse, mentre alcuni cavalieri, addirittura, “minxerunt super ipsam crucem”, fecero cioè la pipì sulla stessa croce. Inoltre Fra’ Giovanni sostenne che i Templari adorassero un “gatto dal pelo grigio” e che, appena lo vedevano durante le loro assemblee, si levassero in piedi, si togliessero il cappuccio e lo venerassero con atti di prostrazione e di assoluta devozione.

Da come si sono svolti i fatti, è da ritenere che quelli di Fra’ Ugo di Samara e di Fra’ Giovanni da Neritone non siano da considerarsi pentimenti spontanei, ma, piuttosto e più correttamente, di subordinazione per non incorrere in pene indubbiamente assai severe e quindi per garantire a se stessi una sicura impunità. Grazie a questa colossale messa in scena, sia Papa Clemente V sia re Filippo IV il Bello mirarono all’eliminazione istituzionale dell’Ordine ed anche a quella fisica dei suoi componenti per appropriarsi definitivamente delle loro immense ricchezze.

La deposizione dei due testimoni, quindi, fu certamente falsa e ingannatrice, in linea con tutta l’organizzazione del processo e con chi lo aveva imbastito.

Filippo il bello

Come atto conclusivo, il Pontefice Clemente V emanò, il 2 maggio 1312, la bolla “Ad providam…”, con la quale confiscava all’ordine dei Templari tutti i beni e li trasferiva all’Ordine degli Ospitalieri.

Il Gran Maestro Jacques de Molais, l’ultimo dei Templari, prima di essere arso vivo, il 18 marzo 1314, predisse la morte sia di re Filippo il Bello sia di Papa Clemente V: “Morirò presto e Dio sa che tutto ciò è ingiusto. Ma io vi dico che la disgrazia cadrà su coloro che ci hanno condannato ingiustamente. Perciò, affido entrambe le vostre anime al tribunale di Dio; tu, Clemente, morirai nei prossimi 40 giorni e tu, Filippo, prima della fine dell’anno”.

Infatti papa Clemente V chiuse gli occhi al mondo il 20 aprile 1314, mentre re Filippo il Bello il 29 novembre dello stesso anno.

Papa Clemente V

Di Fra’ Giovanni da Neritone e Fra’ Ugo da Samara non si conosce la data di morte, ma, molto probabilmente, entrambi non superarono indenni il 1314.

Giustizia divina era stata ancora una volta assicurata.