Dino Grandi

DINO GRANDI

FASCISTA ERETICO

Un uomo che ha segnato un  momento  di svolta nella storia d’Italia

di Pierlorenzo Diso

  1. Premessa.

Il Memoriale Grandi[1] rappresenta un documento fondamentale per ricostruire le vicende che portarono alla caduta del regime fascista come primo atto di riconquista delle libertà civili e politiche conculcate dal ventennio mussoliniano.

Il documento si basa sulla diretta conoscenza di fatti, personaggi e situazioni che sono cristallizzate nella memoria ancora fresca e in grado di riportare fedelmente lo svolgersi degli eventi.

Dino Grandi

  1. Gli inizi della carriera politica.

La personalità di Dino Grandi[2] è indubbiamente quella di un uomo di prim’ordine. Laureato in Giurisprudenza e avvocato, Dino Grandi partecipa sin da giovane alla lotta politica in una fase particolarmente delicata per il nostro paese: il primo dopoguerra, con l’affermazione del mito della ‘vittoria mutilata’ e dei conseguenti nazionalismi e revanscismi.

Eletto deputato nel 1921, entra ben presto in diretto contatto con Mussolini[3] ed è in grado di tracciare un fedele ritratto del personaggio che avrebbe assunto il ruolo di condottiero del suo paese.

Grandi non rinuncia alla sua libertà di pensiero e di coscienza e si accorge ben presto dei pregi dell’uomo-Mussolini, ma anche dei notevoli difetti e squilibri del carattere, che lo portano a smania di protagonismo e intolleranza verso le opinioni altrui.

Mussolini, ad esempio, era molto attento a quello che la stampa scriveva di lui e del suo regime e si faceva influenzare dalle opinioni negative sul suo operato, reagendo furiosamente.

Quando Mussolini nel 1921 manifesta la volontà di instaurare un regime dittatoriale, Grandi si oppone con fermezza, ma nello scontro politico interno al partito ha la peggio ed è costretto a dimettersi.

Grandi si oppone anche al progetto della ‘marcia su Roma’,[4] che sarà comunque portata a compimento da Mussolini il 28 ottobre del 1922.

Nel frattempo, però, Dino Grandi è anche in grado di costruirsi una brillante carriera politica all’interno del regime: nel 1925 diviene sottosegretario agli esteri e nel 1929 Ministro dello stesso dicastero.

Grandi profonde ogni sforzo per tenere l’Italia il più vicino possibile alla politica delle grandi nazioni democratiche, per ridurre gli armamenti e attenuare il carattere bellicista del regime, operando all’interno degli stessi ingranaggi del fascismo.

Nel secondo dopoguerra, tuttavia, non gli saranno perdonate alcune affermazioni in dissonanza con la dichiarata distanza da certe decisioni del Duce.

 

  1. Dino Grandi Ambasciatore a Londra.

Nel 1932 Mussolini decide a bruciapelo di assumere in prima persona il dicastero degli esteri, inviando Grandi come ambasciatore a Londra.

Grandi afferma che gli anni trascorsi a Londra furono i migliori della sua vita: egli operò affinché si raggiungesse un’intesa tra Gran Bretagna e Italia, impresa tutt’altro che semplice in quanto la diplomazia tedesca manovrava in senso contrario per sabotare tale accordo. Approfittando della crisi dei rapporti italo-inglesi susseguente alla guerra d’Etiopia, Hitler cercava di approfondire il solco tra i due paesi.[5]

Grandi si esprime molto negativamente sul ministro degli esteri italiano, Galeazzo Ciano, genero di Mussolini. Secondo Grandi, Hitler, agendo con astuzia e malizia, aveva portato l’Italia dalla sua parte, per poi mettere gli alleati di fronte al fatto compiuto dell’annessione dell’Austria nel 1938 e, in seguito, dell’invasione della Polonia nel 1939.

Si arriva così, nel 1939, alla firma del Patto d’Acciaio tra Germania e Italia, foriero dell’ingresso del nostro paese nella seconda guerra mondiale.[6]

Nello stesso anno Grandi viene avvicendato da Bastianini come ambasciatore a Londra. Il motivo della scelta era quello di inviare a Londra un uomo che non ostacolasse l’alleanza dell’Italia con la Germania. Grandi, quindi, lascia Londra nel 1939 senza più farvi ritorno.

 

  1. L’Italia nella Seconda Guerra Mondiale.

Al rientro in Italia, Grandi dapprima si tiene momentaneamente in disparte dalla politica, inizialmente rifiutando incarichi di minore cabotaggio[7]. Migliorano, però, i suoi rapporti con Galeazzo Ciano, che nel frattempo  aveva preso piena coscienza di quanto infido e pericoloso fosse l’alleato tedesco.

Molto interessanti sono le annotazioni circa i rapporti tra Hitler e Mussolini. Nel Memoriale Grandi sostiene che Mussolini disprezzava Hitler, chiamandolo uomo ridicolo e privo di genio politico.

Grandi incontra Hitler solo una volta, nel novembre del 1940, ma ne riporta un’impressione estremamente negativa, definendolo un “piccolo uomo”.

Infastidito dalle subitanee vittorie militari della Germania, Mussolini fatalmente decide di entrare in guerra aggredendo la Francia, già prostrata dall’invasione nazista.

La mossa del dittatore viene vista con generale disprezzo sulla stampa internazionale, in quanto si aggrediva un paese, la Francia, già in estrema difficoltà.

Segue poi l’aggressione militare alla Grecia ed é lì che Dino Grandi decide di passare all’azione.

La guerra va male per l’Italia e Mussolini chiede aiuto a Hitler che, per tutta risposta, invia a Roma più di diecimila agenti della Gestapo.

Nel frattempo Grandi inizia a prendere contatti con l’ambasciata di Spagna per coordinare un’azione contro il regime in sinergia con gli Alleati, ma Mussolini, sospettando l’intrigo, gli impedisce di recarsi a Madrid.

Nel febbraio 1943 Grandi, a seguito di un rimpasto di governo ordinato da Mussolini, viene destituito da Ministro della Giustizia.

  1. La caduta del regime. 

10 luglio 1943 gli Alleati sbarcano in Sicilia trovando poca resistenza nelle forze armate italo-tedesche. Il 19 lugIio Roma viene bombardata dagli Alleati.

 

Si decide di convocare il Gran Consiglio del Fascismo allo scopo di esaminare la situazione  e prendere i provvedimenti necessari a fronteggiare i catastrofici eventi. La data della riunione viene fissata al 24 luglio, ore 17,00, presso Palazzo Venezia a Roma.

Caduta del fascismo

Dopo una serrata discussione tra i gerarchi al cospetto del Duce vestito in alta uniforme di comandante supremo, la votazione avvenuta all’alba del 25 luglio segna l’approvazione della mozione presentata da Dino Grandi[8] e la conseguente sfiducia al Duce, che si appresta a concludere una parabola iniziata ventuno anni prima.

Il giorno successivo Mussolini in abiti civili si reca a Villa Savoia a riferire l’accaduto a Re Vittorio Emanuele. Al termine dell’incontro,  il Re lo fa arrestare dai Carabinieri, che lo invitano ad entrare in un’ambulanza militare per essere condotto via in stato di detenzione.

Finisce così l’avventura dell’uomo che per un ventennio ha avuto in pugno i destini della nazione, conducendola nel baratro del secondo conflitto mondiale con irreparabili perdite di vite umane e di beni materiali.

25-luglio 1943

  1. Conclusioni.

In conclusione, Dino Grandi è stato l’uomo che più di ogni altro ha contribuito dall’interno alla caduta di un regime che egli stesso aveva contribuito a creare. La sua opera di giurista[9], attraverso i codici tuttora vigenti, continua ad esplicare i suoi effetti ancora oggi.

 

[1] Cfr. Memoriale Grandi, Edizione  “Documenti”, Bari, s.a.

[2] Dino Antonio Giuseppe Grandi, Conte di Mordano, nasce a Mordano (BO) il 4 giugno 1895 e si spegne a Bologna il 21 maggio 1988.

[3] Dino Grandi conobbe Mussolini a Milano nel 1921.

[4] Grandi definì ‘smargiassata’ l’impresa che avrebbe portato Mussolini a prendere il potere divenendo Presidente del Consiglio dei Ministri.

[5] Il ministro degli esteri tedesco si chiamava Joachim Von Ribbentrop (Wesel 30.4.1893 – Norimberga 16.10.1946).

[6] L’Italia entrò in guerra a fianco della Germania contro Francia e Inghilterra il 10 giugno 1940 con la celebre dichiarazione proclamata da Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia a Roma.

[7] Ma già il 12 luglio 1939 Grandi diviene Ministro di Grazia e Giustizia. Si deve a lui l’entrata in vigore del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, del Codice della Navigazione e dell’Ordinamento giudiziario, testi legislativi tuttora in vigore, sia pur con numerose modifiche e integrazioni. A novembre del ‘39 diviene Presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

[8] La mozione Grandi era incentrata sul conferimento a Re Vittorio Emanuele III di “Ogni iniziativa di direzione suprema”.

[9] Dino Grandi nel secondo dopoguerra fu consulente giuridico di importanti gruppi industriali privati.