La favola di Lupo Budino

di Melanton

L’amico fraterno e direttore di questa bella rivista, Rino Duma, mi aveva chiesto, per il numero di Natale, di scrivere una favola. Così, per qualche misterioso percorso del pensiero, mi è tornata in mente una vecchia storia di un po’ d’anni fa, a me molto cara, che avevo pubblicato su alcuni giornali italiani e sul Corriere Canadese, diretto all’epoca dal mai dimenticato Antonio Maglio.

Lupo Budino è nata precisamente nel 1997 come ‘favoletta per i bambini’, ma in questa occasione ho preferito riscriverla e riadattarla anche per i ‘grandi’, con l’auspicio che tutti, almeno a Natale, possiamo ritrovare il mai perduto desiderio di soffermarci un poco nel tempo dell’innocenza, riscoprendo magari che il cielo è sempre pieno di stelle, e di segni d’amore… AUGURI.

 

C’era una volta, ed anzi c’è ancora, nelle campagne appena fuori città, un Lupo Cattivo, ma così cattivo, che al suo confronto i Lupi Cattivi di tutte le altre favole, e perfino quelli che bazzicano la politica o la finanza, farebbero la figura di smidollate pappemolli.

Bisogna intanto sapere che il nostro Lupo Cattivo è ancora più cattivo perché, quando venne al mondo, i suoi golosi e obesi genitori, forse suggestionati dalla pubblicità televisiva (che di simili guai ne commette parecchi), ed anche per l’aspetto piuttosto rotondo e caramelloso del loro pargolo, l’avevano curiosamente battezzato Lupo Budino.

Fatto sta che Lupo Budino si sente sempre preso in giro quando viene chiamato per nome, e allora si mette a inseguire chiunque gli capiti a tiro: non solo le pecore (che, si sa, sono il bersaglio preferito di tutti i Lupi Cattivi), ma anche topi, conigli, farfalle e perfino qualche innocente lucertolina, senza riuscire mai ad acchiapparne qualcuna.

A dirla tutta, oltre ad essere cattivo, Lupo Budino è anche parecchio imbranato, e ha sempre poco o nulla da mettere sotto i denti, che gli si stanno infatti cariando per insufficiente attività motoria. Sicché, per non morire di fame, camuffandosi abilmente da massaia oppure da vecchio pensionato, il tapino è spesso costretto a sbarcare il lunario sgraffignando nei supermercati qualche piccola confezione di wurstel, di carne in scatola o altre coserelle da poco, purché facili da nascondere, per evitare sgradevoli imprevisti. Come gli capitò appunto quella volta, quando aveva provato a portare via un paio di chili di salsicce fresche, che gli erano poi sgusciate inaspettatamente da sotto il cappotto, ed era stato pizzicato da un arcigno Mastino napoletano in servizio di guardia giurata. Buon per lui che, vedendolo così male in arnese, il Mastino s’era poi mosso a compassione, requisendogli la refurtiva, ma lasciandolo libero di tornarsene nel suo boschetto, più affamato di prima e con la coda fra le gambe. Uno scorno indicibile per un Lupo Cattivo, che perfino gli agnellini di primo latte ancora se la ridono.

Come allora, anche questa sera Lupo Budino ha rischiato di essere beccato tra gli scaffali con le mani nel sacco. Ma per fortuna, messo in allarme dall’inconfondibile e terrificante odore del dopobarba antipulci che usano di solito i Mastini napoletani, s’è potuto accorgere per tempo che la guardia giurata lo stava sorvegliando di sottecchi, e ha quindi lasciato perdere, svignandosela alla chetichella e mettendosi a vagabondare in cerca di qualche fortuita provvidenza.

Gira di qua, gira di là, intanto s’è fatta notte. E di roba da mangiare, nemmeno l’idea.

Lupo Budino ha prima incontrato una Volpe con tre grasse galline dentro un sacco, che andava di corsa sicuramente a banchettare: – Posso venire con te?, ha provato a chiederle. Ma la Volpe, figurati! gli ha risposto che doveva portare urgentemente le galline dal medico per il vaccino antinfluenzale, ed è sparita dietro l’angolo come un fulmine.

Poi ha visto anche un Gatto che usciva furtivamente da una trattoria con un carico di polpette, salumi e altre leccornie, ma anche quello è scomparso in un battibaleno senza neanche salutarlo.

Ed ancora una Faina, e uno Scoiattolo, e perfino un Canguro con la borsa traboccante d’ogni ben di Dio, ma tutti visti e svaniti nel nulla insieme ai fardelli ricolmi di voluttuose delizie.

– Accidenti a loro! – mugugna l’affamatissimo Lupo Budino – Sono tutti indaffarati a fare provviste, e a me neanche una briciola! Adesso mi siedo sotto questa quercia per riposarmi un po’, ma il prossimo faccendiere che passa, giuro che me lo sbrano con tutta la roba che si porta appresso. Sono o non sono il Lupo più cattivo del mondo?

– Perché sei così cattivo?, gli chiede a bruciapelo la comare Civetta, appollaiata al sicuro su un ramo alto della quercia.

– Perché sono tre volte cattivo!, ringhia lui.

– E perché sei tre volte cattivo?, insiste la comare Civetta, saltellando un ramo più in su, per stare ancora più tranquilla.

– Primo: perché sono un Lupo. Secondo: perché mi hanno dato il nome di Budino, mentre a me sarebbe piaciuto chiamarmi Attila. Terzo: perché i bocconi migliori se li prendono sempre i soliti furbi, e io resto regolarmente a digiuno e con la pancia vuota!… Sei soddisfatta, adesso, brutta impicciona?!

E così dicendo, fissa ben dritto negli occhi la comare Civetta, facendo la faccia tanto feroce e cacciando un ululato così terribile che la stessa signora Lunapiena, intenta a passeggiare nel cielo per i fatti suoi, corre a ripararsi spaventata dietro una nuvola.

Così, ancora più arrabbiato, e con lo stomaco che brontola peggio di una suocera, Lupo Budino si alza e si rimette a gironzolare, sperando che il destino, per una volta, gli sia più benigno…

 

È già quasi mezzanotte, e tutta la pianura dorme.

Da lontano, languorose e struggenti, arrivano di tanto in tanto le romantiche note di un Grillo Canterino che manda serenate alla sua Stellina innamorata.

Per il resto, il silenzio è totale e assoluto.

Ma ecco improvvisamente, quasi fosse attraversato da una scossa, Lupo Budino che drizza le orecchie, che allunga il muso, che strabuzza gli occhi, e poi li sgrana, e infine li dilata che sembrano i fari di un camion. A qualche metro davanti a lui, sola, tremante e visibilmente confusa, in quell’immenso mare d’erba rischiarato dal vivido bagliore della signora Lunapiena, c’è la sorpresa delle sorprese: una Pecora!

– Avrò le traveggole per la fame! – dice tra sé e sé Lupo Budino, stropicciandosi incredulo gli occhi – E invece no, è proprio una Pecora! Bella, candida, tenera, e anche piuttosto grassoccia… Si sarà certamente smarrita!…

La Pecora infatti è lontanissima dal suo gregge e dal suo ovile sicuro, e molto vicina, invece, al suo peggior nemico. Non ha scampo. Forse, disperatamente, l’unico eroico tentativo è di darsela a gambe: provare quanto meno l’impossibile impresa di essere più veloce e più resistente di quel lupaccio affamato.

E così fa… Via! in una corsa sfrenata, confidando anche nella sorpresa iniziale di quello scatto repentino e saettante.

Corre la Pecora, più veloce che può. E dietro di lei, a razzo, un Lupo Budino intenzionato a non farsi sfuggire la cena… Corre la Pecora, ancora più veloce che mai, dando fondo a tutte le sue energie. Ha un vantaggio di almeno cinquanta metri, forse sessanta… Ma ben presto la distanza dal suo inseguitore si assottiglia inesorabilmente: quaranta metri… trenta… venti… dieci…

La pecora stringe le mascelle, affanna, ansima, vorrebbe volare: cinque metri… tre… due…

Lupo Budino è quasi già sulla preda, già gongola per l’impresa finalmente riuscita, la sua lingua sembra arrotare e lucidare i denti, che rimandano sinistri bagliori.

Un solo metro… È fatta. Il silenzio nella pianura è ora minaccioso e agghiacciante.

Anche il Grillo Canterino ha interrotto la sua serenata. La Stellina innamorata è scomparsa nella Via Lattea. E la stessa signora Lunapiena, trattenendo il fiato, si è fermata sbigottita fra i rami della grande quercia.

Un solo metro… La Pecora, esausta, rallenta infine la sua inutile corsa, fatalmente si arrende, si accascia, chiude gli occhi…

Lo credereste? Proprio in quello stesso momento, anziché rovinare addosso alla sua vittima per farne un solo boccone, ecco Lupo Budino, il Lupo più affamato e cattivo di tutti i Lupi Cattivi del mondo, che rallenta anche lui. Che frena bruscamente, puntando le zampe per terra, fino a sollevare una nuvola di zolle. E inspiegabilmente si arresta!

La Pecora riapre a malapena gli occhi. Ancora non sa, non capisce. Sudata e tremante, osserva dal basso l’incombente figura del suo inseguitore, che è ad un palmo da lei, con le temibili fauci spalancate, ma stranamente immobile e inoffensivo. E con uno sguardo del tutto inusuale per un Lupo Cattivo: né aspro né feroce. Anzi, addirittura sorridente, sereno, perfino soave.

È lo stesso Lupo Budino che, carezzandola, le chiarisce finalmente il prodigio: – Non avere paura, piccoletta, ormai ti puoi fidare. Voglio mostrarti qualcosa che ti farà comprendere meglio… Vedi quella luce, laggiù all’orizzonte? È la grande cometa! La stella cometa di Natale! Quando l’ho vista apparire, proprio mentre stavo per acchiapparti, mi sono dovuto fermare. Perché questa è la Notte Santa, e in questa notte nessuno può essere cattivo. Neanche i Lupi Cattivi come me… Puoi andare, adesso: sei salva, sei libera!

Così, Lupo Budino saluta e se ne va. E la Pecora anche, dalla parte opposta, tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, e accompagnata dal sorriso della signora Lunapiena e della comare Civetta che avevano seguito con trepidazione tutta la scena.

– Stai attenta a non smarrirti di nuovo! – le consiglia dall’alto del suo ramo la comare Civetta – perché Natale è Natale, ma dopo Natale si ricomincia…

Sì, amici, penso anch’io che la sapiente comare Civetta abbia ragione: tutti dobbiamo sperare che i Lupi cattivi diventino buoni e generosi, ma finché restano cattivi, è meglio non fidarsi!