La liberazione dell’Italia

 

  1. L’armistizio.

      L’8 settembre 1943, alle ore 19.45 circa, la radio nazionale dava l’annuncio dell’avvenuto armistizio[1] tra il Regno d’Italia e gli Alleati anglo-americani, che poneva fine alle ostilità iniziate il 10 giugno 1940 con la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, pronunciata dal duce Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia a Roma. Si concludeva così la prima fase della guerra – quella che aveva visto l’Italia impegnata su fronti esteri[2]  – e se ne apriva un’altra ugualmente sanguinosa: la guerra di liberazione nazionale dall’occupazione tedesca iniziata all’indomani del crollo del regime fascista avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943.

      Per effetto dell’armistizio, e al di là delle ambigue parole pronunciate dal Maresciallo Badoglio, i Tedeschi occupanti[3] diventavano i nuovi nemici contro cui combattere per liberare il suolo italiano. Dopo la diffusione della notizia dell’armistizio le forze armate italiane si sbandarono con devastanti conseguenze che analizzeremo sinteticamente nel prosieguo del presente articolo.

  1. La fuga del Re.

      Una volta reso pubblico l’armistizio, la persona del re e la famiglia reale diventavano automaticamente bersaglio della reazione tedesca, pertanto la famiglia Savoia, con tutto il seguito di alti funzionari e vertici militari, abbandonarono la capitale la mattina del 9 settembre, cercando di mettersi in salvo nella parte meridionale del Paese. Dopo aver percorso la via Tiburtina e pernottato nel castello di Crecchio[4], il convoglio reale raggiunse il porto di Ortona, dove, tra scene vergognose di ‘assalto’ alla nave Baionetta diretta a Brindisi, la sera del 9 settembre avvenne l’imbarco dei reali col loro seguito.

La fuga del Re

      Il pomeriggio del 10 settembre, davanti agli occhi increduli del comandante militare della piazza brindisina ammiraglio Luigi Rubartelli, i reali sbarcavano prendendo dimora nella città messapica. Iniziava così il periodo di Brindisi capitale del Regno del Sud, con i ministeri dislocati tra Bari, Brindisi e Lecce.  Nel capoluogo salentino[5] venne ospitato il ministero della guerra fino alla liberazione di Roma del 4 giugno 1944.

 

  1. La ricostituzione dell’esercito italiano nel Salento.

      Come detto, all’indomani dell’armistizio le forze armate italiane si sbandarono, ma presto intervenne la decisione di riprendere le operazioni militari a fianco degli Alleati, sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943 per liberare il territorio italiano occupato dai tedeschi.

      Nell’ottobre 1943 venne ricostituito nel Salento il primo nucleo del nuovo esercito, denominato ‘Primo Raggruppamento Motorizzato’. Esso comprendeva le unità militari che si trovavano in Puglia all’indomani dell’8 settembre, unitamente ad altri reparti provenienti dalla Sardegna e dalla Corsica, già liberate dall’occupazione nazista. Tale reparto entrò in azione nella battaglia di Montelungo del dicembre 1943, guadagnandosi sul campo la stima e la considerazione degli alleati e pagando anche un duro tributo di sangue. Nel corso del 1944 il reparto assunse il nome di ‘Corpo Italiano di Liberazione’ e partecipò alle battaglie per la liberazione del Centro Italia.

Gruppo motorizzato

      Infine nel 1945, assumendo la denominazione di  ‘Gruppi di Combattimento’, partecipò all’offensiva finale alleata per la liberazione del Nord, che il 25 aprile pose fine alla seconda guerra mondiale in Italia.

  1. Gli internati militari italiani.

      Diversa fu la sorte di altre migliaia di soldati italiani (circa 600.000) intrappolati sul suolo estero, in particolare nel Balcani, all’indomani dell’8 settembre. Essi vennero posti di fronte alla drammatica alternativa di combattere sul fronte nazifascista o essere neutralizzati. La loro sorte fu l’internamento in condizioni durissime presso campi di lavoro in Germania, dove molti non riuscirono a sopravvivere, mentre altri tornarono in Italia solo al termine della guerra, assai provati dall’esperienza subita.

  1. La costituzione della Repubblica Sociale nel Nord Italia.

      All’indomani dell’8 settembre Benito Mussolini, prigioniero a Campo Imperatore sul Gran Sasso, veniva liberato con un blitz delle forze armate tedesche[6] e condotto in Germania, dove  da Radio Monaco annunciò la costituzione della Repubblica Sociale Italiana[7], posta sotto il diretto controllo dei nazisti.

Benito Mussolini

      Tornato in Italia, Mussolini si stabilì a Villa Feltrinelli, sul lago di Garda nei pressi di Salò, dove vennero ospitati anche alcuni ministeri del neocostituito regime, il quale ricostituì anche quattro reparti di forze armate, composti da soldati che avevano scelto di militare nel campo avverso agli alleati anglo-americani. La Repubblica di Salò amministrò con regolarità i territori sottoposti alla sua giurisdizione, pagando gli stipendi e mantenendo, con il Ministro per le Finanze Giampietro Domenico Pellegrini, il bilancio in attivo in tempi così difficili.

  1. La liberazione del Sud, Centro e Nord Italia.

       Conclusasi con le ‘Quattro Giornate di Napoli’[8] la liberazione del Sud Italia, i Tedeschi nell’autunno-inverno ’43 si attestarono sulla Linea Gustav, che andava da Gaeta a Vasto. Tale linea difensiva capitolò solo il 18 maggio 1945 con la battaglia finale di Montecassino, aprendo la strada verso Roma alle forze alleate, che entrarono nella capitale il 4 giugno 1944. A quel punto i nazisti ripiegarono verso il nord facendo terra bruciata dovunque passassero, con stragi di civili e distruzioni di ponti ed altre opere pubbliche. Tra queste stragi tristemente famose sono quelle di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto.

      Nell’autunno-inverno del 1944, mentre il Centro e il Sud Italia erano ormai liberi (anche se sottoposti al governo militare alleato), i Tedeschi si attestarono sulla Linea Gotica tra La Spezia e Rimini, mentre nel Nord Italia infuriava la guerra civile, anche per via di una massiccia presenza di bande partigiane. Queste riuscirono a liberare alcune parti limitate del territorio, costituendo effimere repubbliche come la Repubblica di Alba o la Repubblica dell’Ossola, ma dovettero attendere la primavera del 1945 per lo sfondamento finale alleato della Linea gotica e la definitiva liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista.

      A quel punto la fuga di Mussolini, fermato a Dongo da reparti della brigata Garibaldi, e la spietata esecuzione del Duce e di altri gerarchi fascisti, ponevano fine alla sanguinosa parentesi della guerra civile italiana. Si apriva, quindi, una nuova fase politica, che avrebbe portato, attraverso il processo costituente, alla trasformazione in senso repubblicano e democratico dello stato italiano, con l’adesione al blocco occidentale della Nato e alla unificazione dell’Europa.

[1] L’armistizio venne firmato a Cassibile (località nei pressi di Siracusa) il 3 settembre 1943

[2] L’Italia aveva invaso la Francia e la Grecia nel 1940, la Jugoslavia e la Russia nel 1941. Sul fronte nordafricano l’Italia aveva capitolato in Libia già tra il 1940 e il 1941, mentre le ostilità cessavano definitivamente nel 1943. In Africa Orientale gli Inglesi e il Negus Hailè Selassiè entrarono ad Addis Abeba (Etiopia) il 5 maggio 1941.

[3] La formale dichiarazione di guerra alla Germania venne resa pubblica il 13 ottobre 1943

[4] Il castello di Crecchio si trova in provincia di Chieti, sul tragitto che congiunge Roma al porto di Ortona

[5] A Lecce, presso la caserma ‘Pico’, venne provvisoriamente trasferita, fino al 1947, anche la sede dell’Accademia Militare di Modena

[6] Il blitz venne messo a segno il 12 settembre 1943 da un reparto di paracadutisti tedeschi comandato da Otto Skorzeny

[7] La Repubblica Sociale Italiana venne costituita il 23 settembre 1943 con la consegna della lista dei ministri all’ambasciatore tedesco Rahn.

[8] Le Quattro Giornate di Napoli iniziarono il 27 ed ebbero termine il 30 settembre 1943.