La famiglia Basta, originaria dell’Epiro, giunse in Italia nel 1461. Demetrio Basta, condottiero imperiale, aveva seguìto Giorgio Castriota Scanderbeg (1405-1468) in Italia, in occasione del supporto promesso al re di Napoli Ferdinando I (1424-1494) nella lotta per la successione al trono contro l’esercito di Giovanni D’Angiò (1427-1470) e per i cui servigi, successivamente alla sua morte, fu consegnato dalla corona aragonese al figlio Giovanni il ducato di San Pietro in Galatina (nota come Galatina dal 1861 in seguito all’unità d’Italia) e la contea di Soleto.
La famiglia fu tenutaria di Monteparano per quasi due secoli, a partire dal 3 agosto 1606, quando Niccolò Basta ne acquistò l’intero feudo per 8000 ducati e 200 carlini d’argento da Guglielmo Dell’Antoglietta. Nel 1611 gli successe il figlio Francesco, da cui al fratello Giorgio (11° barone di Monteparano) nel 1626 e a Tommaso nel 1644.
Giorgio aveva fissato la sua residenza a Nardò, in seguito al matrimonio con la neritina Teresa Giulio, dei cui beni attingiamo informazioni da un documento del 1661, notificato in occasione della spartizione tra due dei loro figli, Tommaso e Girolamo.

Nardò, facciata della chiesa di Santa Teresa annessa al convento delle Carmelitane Scalze (foto Lino Rosponi)
L’atto, rogato dal notaio Carlo Severino di Nardò, riporta gli estremi delle quote come segue: la prima comprendente la pezza della Fragna col’arbori che si trovano, le terre che confinano con Angelo Fanciano da due bande; un altro pezzo che confina con la chiusura delle fiche e con detto Angelo, la mietà delle macchie, la pezza Villana delli Galluzzi, la mietà del giardino della banda del girocco; arbori d’olive alla Fragna 181; 4 tomoli di terra dietro la Fragna, confinanti con la via Tarantina e terre di Curano; la Torre Nova sotto e sopra con la metà del curtiglio, da farsi il muro divisorio, la corte grande e l’altra piccola dietro la torre, l’era di pietra; trozza e cisterna in commune; terre del pizzo di Curano, confinante con al Petrosa e pezzo della Fragna.
La seconda porzione, detta delli Galluzzi, toccata a Tommaso, includeva una chisura della cisterna, che confina con Dalmazio Megha da due bande, chiusura del Palumbaro; chisura delli Critazzi; chisura di S. Stefano; metà del giardino verso la strada che va a Tursano verso la tramontana, le terre franche delli Galluzzi, la metà delle macchie, la torre vecchia sotto e sopra con tutte le capande e furno, con la mietà del cortile; metà olive dell’ensite verso la strada di Montecafueri e la chisura delle fiche, comprendenti le terre della calcara.
Tommaso Basta, anch’egli barone di Monteparano, pur se residente a Taranto, sposò un’altra neritina, Antonia Personé (figlia del barone Diego), da cui aveva avuto, tra gli altri figli, Giorgio Antonio, erede del titolo e futuro coniuge dell’otrantina Elena della Gatta.
Il citato atto notarile del 1661 certificò anche una parte comune ai due fratelli, ovvero il palazzo materno in Nardò dotato di trappeto e confinante con quello di Giacomo Megha, il cellaro degli eredi di Delfino Zuccaro e due strade pubbliche. Col terzo fratello, Nicola Antonio, ebbe in eredità il feudo di Monteparano, una masseria nel feudo di S. Maria della Camera (Collemeto, volgarmente detta la massaria Nova), consistente in 200 tomolate di terreni seminatori con curti, casa, torre, capanne, case, pozzo (confinante coi beni di Giacomo Ungaro a borea e i beni degli eredi di Demetrio Pisana ad oriente), un’altra masseria nello stesso feudo detta la Palumbara, ovvero 150 tomolate di terreni seminatori con curti, case, cisterna (delimitata dai beni del convento di S. Francesco da Paola di Grottaglie e quelli degli eredi di Nicola Basta) e infine la masseria della Cisterna in territorio di Lizzano e parte in feudo di S. Maria, un totale di 200 tomolate di terreni. Alla sorella Dianora i predetti tre fratelli promisero di corrispondere una cospicua dote in compensazione dei possedimenti.
Dal matrimonio di Giorgio Antonio nacquero ben otto figli, dei quali Teodora e Antonia divennero monache clarisse a Nardò e Rosa Maria carmelitana scalza nel 1732 nel monastero di S. Teresa di Nardò, dove già era claustrata una quarta sorella, Maria Teresa, novizia nel 1722.
Il barone Giorgio Antonio, pur se residente a Nardò, volle comunque essere sepolto a Monteparano. Nel suo testamento del 9 luglio 1733, dettato al notaio Francesco Antonio Nasuti di Manduria, dichiarò le sue condizioni al decesso («io voglio, ordino e comando […] di far dare la sepoltura al mio cadavere dentro la Chiesa Parrocchiale di questa Terra»), oltre a imporre ai figli di conservare integri i beni feudali di Monteparano. Sua sorella Dianora fu badessa nel monastero clariano di Nardò dal 1680 al 1683 e dal 1696 al 1698.
Dei suoi fratelli Tommaso Antonio fu sacerdote, l’ultimogenito Pasquale Teodoro (1711-1765) fu vescovo della diocesi di Melfi e Rapolla. L’altro fratello Domenico Giuseppe, principe del foro napoletano e sindaco di Taranto nel 1759, ereditò nel 1740 il titolo di barone di Monteparano. Nel 1734 in cinque giorni fece firmare alla città di Taranto filoaustriaca la resa a Carlo III. Deceduto questi a quarant’anni senza discendenza maschile il titolo passò al fratello Francesco Demetrio, che fu nominato VII barone di Monteparano. Il re Carlo III, nel 1744, grato per la fedeltà alla corona della famiglia Basta, elevò la terra di Monteparano col titolo di marchesato e Francesco Demetrio ne fu primo marchese. Ebbe questi una sola figlia, Maria Vincenza, ma il feudo passò dopo un contenzioso a Maria Saveria Basta, figlia di Domenico, poi sposa del marchese di Fragagnano Francesco Maria dell’Antoglietta.
La famiglia Basta, a più riprese, sostenne gli sforzi delle carmelitane di S. Teresa d’Avila di Nardò per realizzare il loro monastero nei pressi della chiesa di San Francesco d’Assisi, sull’attuale corso Garibaldi. Per la definitiva sistemazione fu determinante il ruolo del domenicano Emanuele Maria Basta, figlio dei feudatari di Monteparano e vicario generale della diocesi di Taranto, che sostenne fattivamente la fondatrice suor Teresa, al secolo Lidia Gaetana Adami (1656-1718), nei suoi propositi.

Grottaglie, lunetta nel chiostro del convento dei Minimi di San Francesco da Paola, con stemma della famiglia Basta, baroni di Monteparano (foto Marcello Gaballo)
Come riporta il domenicano Niccolô Tommaso Farina nel suo libro Vita della Serva di Dio suor Teresa di Giesù Fondatrice, e Prima Superiora del Monistero delle Carmelitane scalze della Città di Nardò (stamperia Oronzo Chiriatti, Lecce 1725), fu anche e soprattutto merito del domenicano Emanuele Maria Basta se furono intercettati consistenti fondi per far avanzare la costruzione dell’edificio claustrale neritino, per il quale contribuirono generosamente i principi Imperiale di Francavilla Fontana, fungendo come mediatore presso le altre nobili famiglie del luogo