Torre Vado

TORRE VADO

  “Ferma il pie’, passegger, non dar più passo, chè qui  trovi commode rimesse: Don Annibal Capece il qual ci eresse, ci destinò pel forestier, lo spasso. Aprile 1709”

 

E’ questo il saluto con cui un tempo gli abitanti del luogo accoglievano il forestiero, diretto in pellegrinaggio al Santuario di S. Maria di Leuca, per indurlo a fermarsi e godere dei cibi sopraffini e dell’estrema ospitalità.

La torre insiste nella splendida marina di Torre Vado, oggi amena e rinomata località balneare, situata nel basso versante ionico, a pochissimi chilometri dal Capo di Leuca. La struttura, alta 12 metri, sorge a pochi metri dalla battigia su un ampio terrazzamento e prende il nome dalla zona di mare caratterizzata da acque che, per lunghi tratti, sono poco profonde, molto pescose e ricche di fauna e flora. Il toponimo ‘Vado’ è incerto. Alcuni studiosi ritengono che derivi dal latino “vadum”, cioè “guado”, ossia un facile approdo per le imbarcazioni; ma va anche inteso come un agevole accesso al mare. Altri, invece, sostengono che il termine derivi dallo spagnolo “ovado”, ossia luogo dove i pesci trovano una situazione ideale per la loro riproduzione e vi depositano le uova per metterle al riparo dai predatori.

Torre vado

La struttura ha la forma tronco-conica con la base circolare, allo stesso modo di altre torri della zona. Essa è composta da due piani, separati esternamente da un cordolo marcapiano. L’accesso alla torre è garantito da una porta che immette al piano terra, leggermente rialzato, costituito da due locali, che un tempo erano adibiti a deposito di vettovaglie e munizioni. Attraverso una scaletta interna in muratura, si perviene al secondo piano, dove dimoravano i torrieri. Grazie ad un’ulteriore scaletta si accede in terrazza, orlata a tutto tondo da una merlatura molto semplice e da numerosi beccatelli. In direzione dei punti cardinali sono presenti quattro caditoie. Sulla terrazza, in direzione del mare, era situato il falconetto, pronto ad essere usato contro le incursioni barbaresche. La struttura portante della torre è in muratura, costituita da conci di pietra tufacea e càrparo.

Al di sopra della volta, è stata posizionata una piccola torretta di avvistamento.

Il 5 luglio del 1671, nel Libro dei Morti della parrocchia di Morciano, si registra un omicidio di un giovane del posto, da parte di un manipolo di Turchi che si erano spinti nell’entroterra morcianese, presso la Masseria del sig. Duca alli Paduli. Lo stesso giorno i Turchi catturarono come schiavi altri abitanti della suddetta masseria, tra cui alcuni bambini.

La torre Vado fu testimone di un altro triste episodio, riferito da Aldo Simone, verificatosi nel 1752: “… si videro nel nostro mare sei sciabecchi di Turchi ed Algerini, dei quali uno calò una lancia con dentro molti Turchi, e diè la caccia a tre barche pescarecce di Salve, che pescavano vicino alla torre di Morciano. Due di esse si avvidero dei legni nemici e subito si salvarono sopra la predetta torre, ma una, che era del sig. Nicola Stasi, si fidò di pescare, ma avendo alla fine veduto presso i Turchi cominciò a fuggire e alla fine veduto che era inevitabile lo scampo si diè a terra vicino la torre di Morciano, ove li quattro marinai che vi erano si salvarono. Li Turchi intanto predarono la barca del detto Nicola Stasi con certo pesce, vino e vesti marinaresche. La torre tirò contro di loro alcune cannonate e molto bene ed il cavallaro di Morciano una schioppettata, alla quale i Turchi risposero e calati a terra lo inseguirono, ma poi subito tornarono, con la predata barca al bastimento”.

Per la sua vicinanza al centro abitato di Salve la struttura era stata adibita a torre ‘cavallara’, cioè era dotata di un messaggero a cavallo che, in caso di pericolo, per lanciare l’allarme nei paesi dell’entroterra e consentire alle donne e ai fanciulli di mettersi in salvo, mentre agli uomini per prepararsi alla difesa.

Con il disarmo delle torri costiere, avvenuto intorno al 1846 su disposizione di Ferdinando II Re delle Due Sicilie, la torre è stata adibita a stazione di controllo doganale. Nel 1930 è acquistata da privati e nel 1935 è eseguito il restauro.